Solofra, sfrattato il busto di Guido Rossa

Solofra, sfrattato il busto di Guido Rossa
Ed il “busto” dove lo metto? Chi in questi giorni è passato davanti a quello che una volta era il supermercato Coop di via nuova Asi a Solofra non avrà potuto fare a meno di notare l’attività di “dismissione” in atto. Niente di strano. Quando un’attività commerciale passa da un proprietario ad un al…

Solofra, sfrattato il busto di Guido Rossa

Ed il “busto” dove lo metto? Chi in questi giorni è passato davanti a quello che una volta era il supermercato Coop di via nuova Asi a Solofra non avrà potuto fare a meno di notare l’attività di “dismissione” in atto. Niente di strano. Quando un’attività commerciale passa da un proprietario ad un altro è facile che ciò avvenga. In questa “operazione”  di dismissione stava però per finire anche il busto del sindacalista Guido Rossa, ucciso negli anni di piombo. Il busto era sistemato nell’igresso del supermercato solofrano. Ora con la vendita dell’esercizio commerciale è stata avvisata la necessità di trovare una nuova collocazione. Con ogni probabilità sarà spostato nei locali di Palazzo orsini, casa comunale. Operaio di origine veneta, vive per parecchi anni a Torino per poi trasferirsi a Genova. Iscritto al PCI, è sindacalista della CGIL all’Italsider di Genova-Cornigliano. Appassionato di montagna. Guido Rossa è anche ricordato per la sua attività di alpinista, fotografo e per il suo impegno nel Club Alpino Italiano. A lui viene intitolata la prima palestra di arrampicata di Torino.  Nell’ottobre del 1978 Rossa nota un uomo intento a nascondere volantini delle B.R. dietro a un distributore di bevande. L’operaio è Francesco Berardi, che cerca di fuggire ma viene fermato dalla vigilanza della fabbrica e subito si dichiara prigioniero politico. Viene consegnato ai carabinieri e arrestato. Guido Rossa denuncia Berardi e testimonia al processo, nel quale Berardi, poi suicida in carcere, viene condannato a quattro anni e mezzo di reclusione. Per alcuni mesi il sindacato offre a Rossa una scorta, temendo una vendetta dei brigatisti. Il 24 gennaio 1979 Rossa esce di casa e sale in macchina. Un commando composto da Riccardo Dura, Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi lo attende e gli spara uccidendolo. È la prima volta che le Brigate Rosse uccidono un iscritto al PCI e un sindacalista. La rabbia e l’indignazione è enorme. Al funerale, cui partecipano 250.000 persone, presenzia il Presidente della Repubblica Sandro Pertini. L’omicidio di Rossa segna una svolta nella storia delle Brigate Rosse, che da quel momento non riusciranno più a trovare le stesse aperture nei confronti dell’organizzazione all’interno del proletariato di fabbrica. In effetti proprio per la delicatezza dell’obiettivo è probabile che le BR avessero intenzione di punire Rossa ma senza eliminarlo: Rossa probabilmente doveva essere solo “gambizzato”. L’avvenuta gambizzazione è confermata dalle perizie, fu Vincenzo Guagliardo a esplodere i colpi calibro 7,65 alle gambe con una Beretta 81. Guagliardo, uno dei componenti del commando, racconta che a gambizzazione avvenuta Riccardo Dura, dopo essersi allontanato come gli altri brigatisti dal luogo dell’operazione, tornò indietro e esplose l’ultimo colpo che uccise Guido Rossa. L’autopsia rivela infatti che su Rossa furono esplosi quattro colpi alle gambe e uno solo mortale al cuore. Guagliardo aggiunge che il giorno dopo il delitto i membri dell’organizzazione chiesero spiegazioni sull’accaduto e che Dura giustificò l’omicidio affermando che le spie andavano uccise. Le BR valutarono seriamente l’espulsione di Dura, rinunciandovi per non provocare fratture all’interno dell’organizzazione. Questa ricostruzione dei fatti suggerisce che la causa dell’omicidio di Guido Rossa sarebbe da ricercare nell’iniziativa individuale di uno dei componenti del commando e non in una volontà politica delle BR di eliminare il sindacalista.

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