Basta con quei rutti. Come risolvere il problema?

E’ un disturbo che, oltre a imbarazzare chi ne soffre, fa sorridere prestandosi a non poche battute. Il reflusso esofageo, quello che tutti conoscono semplicemente come “rutto”, rappresenta un problema per un gran numero di italiani. Circa 12 milioni, volendo quantificare. Non pochi, insomma. Tra risate e rossori però questo fastidio può essere ben più rilevante per la salute di una persona di quanto si possa immaginare tanto da implicare, in alcuni casi, il ricorso alla chirurgia.
E’ facile scherzarci su, farne barzellette, gareggiare a chi riesce a fare quello più forte, ma alla fine sappiamo di cosa stiamo parlando e cosa rappresenti in verità il rumoroso e mitico “rutto”?
Abbiamo chiesto lumi al dottor Gianpaolo Palumbo (nella foto), primario di Medicina Interna e Specialistica dell’Ospedale Moscati di Avellino. Capiamo prima come funziona l’esofago.
<<L’esofago unisce bocca e stomaco, è molto corto (al massimo trenta centimetri), e garantisce, grazie alla forza di gravità e una serie di movimenti ritmici, la discesa del cibo deglutito. Quando tutto funziona bene, la valvola che regola l’ingresso del cibo nello stomaco si chiude e succhi gastrici e bolo alimentare non risalgono. Essa si apre in caso di vomito o di eruttazione>>.
Come viene provocato il reflusso esofageo?
<<Non siamo macchine sempre perfette, e può accadere che lo sfintere esofageo inferiore si rilasci in un momento non opportuno. Ciò fa in modo che il succo gastrico, molto acido, irriti la mucosa esofagea e provochi il reflusso. Ma c’è anche un’altra causa del fenomeno, ovvero uno svuotamento rallentato dello stomaco. Tanto più il cibo si ferma nel viscere gastrico, infatti, tanto maggiori sono le probabilità che risalga nell’esofago. Altre problematiche possono scaturire da una cattiva motilità dell’esofago stesso e da scarsa salivazione. Anche la gravidanza e l’obesità, aumentando la pressione sullo stomaco, possono dare reflusso. Si è stabilito di recente che anche il fumo può incidere con l’alterazione della composizione salivare, della contrazione sfinterica esofagea e con l’aumento dell’acidità dello stomaco. Dopo il fumo si cita sempre l’ansia e lo stress che da soli non crediamo facciano molto però possono acuire la sintomatologia, la quale è molto spesso associata all’ernia iatale, causata dal passaggio di una porzione dello stomaco dall’addome al torace>>.
Quando ci troviamo di fronte a una vera e propria malattia?
<<Quando il reflusso si instaura a frequenza alta e con sintomi severi si parla di reflusso gastro-esofageo (MRGE), che colpisce tre milioni di italiani, anche se il reflusso con tipologie minori arriva a interessare dodici milioni di individui.  La malattia di per sé è benigna, ma i suoi disturbi cronici col tempo vanno a intaccare la qualità della vita di chi ne soffre>>.
Di recente è apparso su riviste scientifiche un lavoro del Prof. Savarino, noto gastroenterologo dell’Università di Genova, in cui sono stati individuati cinque tipologie di risposte ai disturbi esofagei.
<<L’indagine è stata messa in essere su larga scala e sono state individuate e definite le categorie di “sofferenti”. Si parte dai “frustrati del reflusso” (27%) costituiti da giovani e da donne, per passare agli “interventisti” (25%) pronti a sottoporsi a tutto pur di non avvertire i sintomi, fino alle “grandi vittime” (16%) praticamente “annientati” dal reflusso. E’ vero che il “bruciore” allo stomaco è una brutta sensazione che accompagna male la vita, ma oltre un terzo dei soggetto intervistati non assume farmaci. Una quota di essi (stoici=10%) aspetta che il bruciore passi da solo ed una quota (diffidenti=21%) si affida a rimedi casalinghi, non credendo ai farmaci. La maggior parte dei soggetti con i disturbi tipici si sente frustrata perché rinuncia ad andare al ristorante, non può praticare lo sport a media ed alta intensità (la corsa ad esempio) e non riesce a concentrarsi sul lavoro. Nella indagine conoscitiva del Prof. Savarino, i “frustrati del reflusso” sono soprattutto  donne (60%) con età dai 18 ai 34 anni e che vivono nel Nord –Ovest del nostro paese. Esse sono stanche di dover rinunciare allo sport, alle laute libagioni con gli amici e soprattutto gli abiti stretti alla moda. Oltre ai “frustrati”, anche gli “interventisti” e le “grandi vittime” sono categorie in cui le donne sono in stragrande maggioranza, a voler sottolineare come il sesso debole avverta maggiormente lo stress>>.
Allora che cosa bisogna fare?
<<Bisogna combattere la diffidenza nei riguardi dei farmaci che sono in grado di ridurre o annullare la sintomatologia. Essi appartengono a categorie ben precise: i pro cinetici che accelerano lo svuotamento dello stomaco, i protettori “diretti” della mucosa gastrica ed esofagea e tutti quei farmaci che riducono l’acidità delle secrezioni gastriche (sia i cosiddetti inibitori della pompa protonica che gli antagonisti dei recettori H2)>>.
E’ sempre efficace la terapia medica?
<<Non sempre e, in caso di fallimento, si può passare a quella chirurgica, che non è pur tuttavia sempre risolutiva. E’ vero che oggi si ci sottopone a intervento in laparoscopia con tecniche mini invasive, ma ricorrere  alla “sala operatoria” lo si deve fare con cautela. La cautela riguarda la gravità dei sintomi, la loro persistenza e la non efficacia assoluta dei farmaci e comunque dopo essere stati sottoposti ad una esofago-gastro-duodeno-scopia, alla phmetria e manometria esosfagea. Il nostro suggerimento, infine, è sempre quello che costa di meno e la cui efficacia è dimostrata: migliorare lo stile di vita>>.

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