Avellino, un miracolo targato De Vito

AVELLINO CALCIO – Il primato dell’Avellino parte da lontano. La vetta della classifica è frutto di una programmazione oculata. Di una gestione intelligente che senza follie economiche ha portato i lupi in testa alla graduatoria. Il merito di questo miracolo è delle famiglie Taccone e Iacovacci, ma soprattutto di Enzo De Vito. E’ lui il vero deus ex machina della formazione biancoverde. Il dirigente di Capriglia ha affidato le chiavi della squadra a Massimo Rastelli che dopo aver v…

AVELLINO CALCIO – Il primato dell’Avellino parte da lontano. La vetta della classifica è frutto di una programmazione oculata. Di una gestione intelligente che senza follie economiche ha portato i lupi in testa alla graduatoria. Il merito di questo miracolo è delle famiglie Taccone e Iacovacci, ma soprattutto di Enzo De Vito. E’ lui il vero deus ex machina della formazione biancoverde. Il dirigente di Capriglia ha affidato le chiavi della squadra a Massimo Rastelli che dopo aver vinto un campionato con la Juve Stabia era reduce da due stagioni tra alti e bassi a Portogruaro e Brindisi. L’ha difeso nei momenti difficili, soprattutto ad inizio stagione quando una parte della tifoseria ne chiedeva la testa. L’ha fatto con la consapevolezza di aver operato la scelta giusta. I numeri gli stanno dando ragione: l’Avellino è primo con 51 punti, 39 gol fatti e solo 20 subiti. Secondo migliore attacco del girone, difesa meno perforata. Una squadra costruita tra luglio e agosto ingaggiando top player come Castaldo e Catania a parametro zero, puntando sul ritorno del figlior prodigo Biancolino (migliore marcatore di sempre della storia biancoverde. Il Pitone a suon di gol sta smentendo gli scettici). La conferma di Fumagalli, D’Angelo e Millesi. L’arrivo di Bianco giovane, ma con tanta esperienza in B, scaricato dalla Samp, quello di Giosa con un recente passato in A arrivato dalla Reggina. Senza dimenticare scelte come quelle di Di Masi. Il portiere prodotto del vivaio della Roma si sta rivelando determinante, dopo essere stato un anno nel purgatorio della D. L’Avellino che guarda tutti dall’alto verso il basso è però anche frutto di scelte giuste e ponderate su giovani: Zappacosta e Izzo sono l’emblema di tutto ciò. Due giocatori definiti non pronti che invece si stanno dimostrando insieme a Massimo, Angiulli e Bariti tra i migliori elementi del lupo. I primi due contro la Nocerina sono stati praticamente perfetti. L’aspetto determinante però riguarda soprattutto la patrimonializzazione di tanti giovani, mai l’Avellino negli ultimi tempi aveva costruito un gruppo di proprietà. Il nuovo corso biancoverde ha consegnato alla città una squadra da “vivere” con pochi prestiti. La scalata però è stata perfezionata a gennaio. In quel mese dove le formazioni cambiano fisionomia, dove è facile perdere la bussola ed inserire nel gruppo pedine che possono far cadere la piramide. Alcuni tifosi e alcuni addetti ai lavori chiedevano nomi altisonanti come Allegretti e Dettori. Oppure contestavano gli arrivi di Danilevicius e Schetter a Latina, come quello di Pepe a Nocera, Marotta a Benevento.
Ritenendo il mercato delle altre cosiddette big superiore a quello biancoverde. De Vito ha avuto ancora una volta ragione facendo divenire il mercato di riparazione di non distruzione. Inserendo in un gruppo solido un centrocampista come Arini che reduce da una stagione e mezza all’Andria ha saputo ritagliarsi il suo spazio: 6 presenze ed 1 gol importantissimo contro il Perugia. Capacità di inserimento in area da 10 e lode, elemento instancabile ha saputo prendere in mano il centrocampo. Un giovane come Zullo, nazionale di categoria. Il sannita a Gubbio farà il suo esordio al fianco di Fabbro. E poi Zigoni tornato dopo un avvio di stagione a Vercelli tutt’altro promettente che ha messo a segno 2 gol subentrando dalla panchina. Una macchina perfetta il cui meccanismo è stato oliato con il passare delle settimane. Metà del lavoro è stato fatto, ora in queste ultime cinque giornate bisognerà non placare la fame di vittorie ed arrivare dritti a quell’obiettivo chiamato cadetteria.

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