“Piattaforma Cisl fisco e previdenza”: l’intervento di Melchionna

Ecco l’intervento di Mario Melchionna, segretario generale della Cisl IrpiniaSannio, su “Piattaforma Cisl fisco e previdenza” e linea politica della Cisl:
“Il 2014 si è concluso con l’approvazione della Legge di stabilità 2015, della Legge delega sul Jobs Act e dei primi due Decreti attuativi. La Cisl ha scelto la via più responsabile e faticosa: incalzare il Governo, con emendamenti e proposte alternative, nel merito della sua impostazione di politica …

Ecco l’intervento di Mario Melchionna, segretario generale della Cisl IrpiniaSannio, su “Piattaforma Cisl fisco e previdenza” e linea politica della Cisl:
“Il 2014 si è concluso con l’approvazione della Legge di stabilità 2015, della Legge delega sul Jobs Act e dei primi due Decreti attuativi. La Cisl ha scelto la via più responsabile e faticosa: incalzare il Governo, con emendamenti e proposte alternative, nel merito della sua impostazione di politica economica e sociale e dei singoli provvedimenti che la concretizzano, nei tavoli sia ufficiali, sia informali, anche in assenza di negoziazione. Dopo sette anni di crisi c’è bisogno di risposte certe ed immediate, perché la gravità della situazione economica e della disoccupazione e il pericolo di una stagnazione di lunga durata rischiano di lacerare la coesione sociale, e di scatenare conflitti sociali crescenti, instabilità politica, crisi della stessa democrazia.
Il 20 Febbraio 2015 Il Consiglio dei Ministri si è riunito, approvando quattro decreti attuativi del Jobs Act, la Legge Delega di Riforma del Lavoro. Due sono quelli già approvati a fine dicembre 2014, su ‘contratto a tutele crescenti’ e ‘nuovi ammortizzatori’, che hanno terminato il passaggio in Commissione e diventano operativi (si attende solo pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), gli altri due rappresentano l’esercizio di nuove deleghe.
I decreti attuativi del Jobs Act approvati sono:
1) Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti che prevede l’applicazione del contratto a tutele crescenti ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato e i licenziamenti collettivi e stabilisce che per “le piccole imprese la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 24 mensilità (6 per le piccole aziende).
2) Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di occupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati che introduce la Naspi, ossia la nuova assicurazione sociale per l’impiego, l’Asdi (l’assegno di disoccupazione riconosciuto a chi non ha trovato impiego e la Naspi è scaduta), l’indennità di disoccupazione Dis-Col (per i collaboratori).
3) Testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni in cui vengono eliminati i contratti di collaborazione a progetto e vengono invece confermate queste tipologie:
– Contratto di somministrazione
– Contratto a chiamata
– Lavoro accessorio (voucher)
– Apprendistato
– Part-time
– Mansioni
4) Disposizioni in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (esame ancora in via preliminare), che riguarda la maternità.

Jobs Act: come funziona e cosa cambia

Il contratto a tutele crescenti – Tutti i nuovi dipendenti di un’azienda saranno assunti con il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, tutele che cioè cresceranno in relazione all’anzianità di servizio. L’obiettivo è quindi di fare sì che questoasia la modalità base di assunzione che vada a rimpiazzare tutti i tipi di contratti atipici. Nel consiglio dei ministri del 20 febbraio, per esempio, verranno aboliti i contratti a progetto. Chi ancora lavora con quella formula contrattuale verrà inserito in una “gestione transitoria”, al termine della quale (o almeno così si spera) verrà assunto con la nuova forma contrattuale.
L’articolo 18 – Saranno reintegrati i lavoratori licenziati per motivi discriminatori, ma sarà possibile il reintegro anche per i licenziamenti disciplinari. Possibilità limitata solo ad alcune fattispecie e cercando di tipizzare il più possibile il funzionamento di questi reintegri, per ridurre al minimo la discrezionalità dei giudici. Per i licenziamenti economici che saranno considerati illegittimi resta invece solo l’indennizzo.
Mansioni flessibili – Sarà più semplice far passare il lavoratore da una mansione all’altra, compreso il cosiddetto demansionamento, in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale. Nel testo c’è un passaggio dedicato alla “tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita”.
Riforma Aspi – Il vecchio sussidio di disoccupazione sarà rapportato a quanti contributi il lavoratore ha versato. Chi ha la “carriera contributiva” più importante avrà diritto a una maggior durata dell’Aspi, anche oltre ai 18 mesi massimi fissati fino a ora. L’Aspi sarà esteso anche ai collaboratori, almeno finché queste figure professionali non saranno definitivamente cancellate dal contratto a tutele crescenti. Per chi si troverà nelle situazione più difficili, potrebbe essere introdotto un “secondo Aspi”. Riforma Cig – Non si potrà più autorizzare la Cig in caso di cessazione definitiva di attività aziendale. Ci saranno nuovi limiti di durata sia per la cassa integrazione ordinaria (che ora è di due anni) sia per quella straordinaria (che è di quattro). L’obiettivo è di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori con tutele uniformi e legate alla storia contributiva del lavoratore.
Tutela della maternità – Sarà estesa anche alle lavoratrici prive di contratto a tempo indeterminato, sarà fatto attraverso contratti di solidarietà “attivi” che dovrebbero permettere a tutti di conciliare meglio i tempi di lavoro e di vita.
Agenzia per l’occupazione – Saranno rafforzato le politiche attive per favorire il venirsi incontro di domanda e offerta con la costituzione di un’agenzia nazionale per il lavoro, che nelle speranze del governo dovrebbe funzionare come nel modello tedesco.

POLITICA DELLA CISL

– Sul Job Act la volontà di incentivare il ritorno alla centralità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato rappresenta una svolta importante in un mercato del lavoro ad alto indice di precarietà, soprattutto, giovanile. Occorre sopprimere tutte le forme contrattuali precarie, come richiesto con forza dalla CISL.
– La nostra Organizzazione ha chiesto con forza la riforma degli ammortizzatori sociali, per realizzare la prospettiva di una loro estensione universale a tutti i settori merceologici e a tutte le classi dimensionali di imprese sia in costanza di rapporto di lavoro (Cassa integrazione ordinaria e straordinaria e Fondi di solidarietà) sia in caso di disoccupazione.
– Sulla disciplina dei licenziamenti individuali l’azione della Cisl ha contribuito a:
– respingere emendamenti deflagranti, quali la cosiddetta clausola di ” opting out ” che avrebbe consentito al datore di lavoro, in presenza di un licenziamento disciplinare riconosciuto illegittimo dal giudice, di optare per un risarcimento economico maggiorato senza procedere alla reintegrazione del lavoratore;
– evitare l’introduzione della fattispecie del licenziamento per scarso rendimento, rafforzando invece in presenza di licenziamenti, la procedura preventiva di conciliazione, integrata nelle tutele della NASPI e dei percorsi di riqualificazione professionale e di ricollocazione in nuovi lavori attraverso i contratti di reinserimento.
– Gli emendamenti presentati dalla Cisl:
– l’estensione della reintegrazione, per nullità del licenziamento in quanto discriminatorio, ai lavoratori delle imprese sotto i 16 dipendenti ed ai dirigenti;
– l’eliminazione della convenienza per il datore di lavoro ad assumere con incentivi e poi licenziare;
– la valorizzazione dei codici disciplinari definiti dalla contrattazione collettiva nei licenziamenti per giustificato motivo soggettivo e per giusta causa;
– l’estensione ai nuovi assunti con contratti a tutele crescenti (che godono della conciliazione agevolata) delle procedure di conciliazione obbligatoria presso le DTI con diritto alla nuova ASPI ed al percorso di ricollocazione lavorativa;
– l’incentivazione della conciliazione agevolata ed estensione della NASPI e delle procedure di ricollocazione al lavoratore che accetta l’offerta economica;
– il computo dell’anzianità negli appalti considerando la “Mobilità infragruppo”;
– l’esclusione dei licenziamenti collettivi dal Decreto applicativo perché incompatibili con la Legge delega;
– l’estensione universale del nuovo istituto della ricollocazione, in una logica coerente di flexsecurity, a tutte le fattispecie di licenziamenti, esclusi quelli per giusta causa.
L’intervento sul cuneo fiscale, la Riforma del mercato del lavoro attraverso il Jobs Act, la Riforma della Giustizia e della Pubblica Amministrazione configurano un dichiarato tentativo di incentivare la ripresa ma da soli non sono in grado di generarla. Oggi c’è più bisogno di un aumento della domanda e, lo stimolo non verrà dal settore privato bensì dalle misure fiscali.
– Per queste ragioni la CISL ha deciso di intervenire direttamente a sostegno dei redditi, dei consumi e della domanda aggregata attraverso un progetto di Legge delega, di iniziativa popolare, di riforma del sistema fiscale italiano.
Si tratta:
BONUS 1000 EURO
– La Cisl propone l’introduzione di un bonus di 1.000 euro annui per tutti i contribuenti con un reddito individuale fino a 40.000 euro e un bonus di ammontare ridotto e via, via decrescente per chi ha redditi compresi fra 40.000 e 50.000 euro
NUOVO ASSEGNO FAMILIARE
– È necessario ripensare il fisco per la famiglia, nell’ottica di una maggiore equità distributiva, introducendo un nuovo strumento di intervento che superi, accorpandoli, gli attuali assegni familiari e le detrazioni per i figli (minorenni) e per il coniuge a carico, attraverso un nuovo sistema di detrazioni d’imposta (Naf: Nuovo assegno familiare) che cresca al crescere dei carichi familiari e si riduca all’aumentare del reddito.
FISCALITÀ LOCALE AL SERVIZIO DEL CITTADINO
– È indispensabile una nuova regolazione delle imposte e tasse locali che preveda un tetto complessivo di tassazione, collegando più chiaramente ciò che si paga alla fruizione dei servizi sul territorio. All’aumentare della fiscalità locale il cittadino deve ottenere una corrispondente riduzione del prelievo fiscale nazionale
UN’IMPOSTA SULLA GRANDE RICCHEZZA NETTA
– La Cisl vuole realizzare una grande operazione redistributiva di ricchezza a favore di chi lavora, dei pensionati e delle aree sociali medio – basse per correggere la crescita delle disuguaglianze che si è realizzata nell’ultimo quarto di secolo. La concentrazione della ricchezza mobiliare ed immobiliare è, infatti, aumentata in modo esponenziale, in una situazione in cui, invece, il lavoro ha finito per essere tassato sempre di più. Per questo deve essere introdotta una imposta ordinaria sulla grande ricchezza netta che cresca al crescere della ricchezza mobiliare e immobiliare complessiva, con esclusione delle prime case e dei titoli di Stato.
RIDURRE L’EVASIONE FISCALE
– L’evasione comporta ogni anno minori entrate per oltre 180 miliardi di euro, appesantendo il carico fiscale su chi le tasse le paga. Per questo è necessario rafforzare le sanzioni amministrative e penali, aumentare i controlli, migliorare la tracciabilità dei pagamenti e l’utilizzo delle carte di credito (senza costi aggiuntivi per le famiglie), introdurre meccanismi di contrasto di interesse che consentano a chi compra di .portare in detrazione la relativa spesa, facendo emergere il fatturato oggi occultato.
– Il Governo deve avviare quanto prima il confronto con le Parti sociali per trovare un nuovo equilibrio fra la sostenibilità finanziaria e la sostenibilità sociale del sistema previdenziale, riscrivendo un nuovo Patto fra le generazioni, per i giovani, per il lavoro e per una previdenza più equa e sostenibile.
Le linee di controriforma della Cisl:
– Reintrodurre la flessibilità nel sistema pensionistico
La legge Fornero ha cancellato le pensioni di anzianità, con effetti deleteri sul versante del funzionamento del mercato del lavoro, dell’occupazione dei giovani e della gestione delle crisi aziendali e creando l’insostenibile condizione degli esodati. È indispensabile reintrodurre meccanismi di flessibilità nell’accesso alla pensione per rispondere alle esigenze di vita delle persone, ai problemi del lavoro più faticoso e pesante e ai cambiamenti dell’organizzazione del lavoro e dei sistemi produttivi, consentendo ai lavoratori e alle lavoratrici di scegliere liberamente il momento di uscita dal lavoro al raggiungimento di un’età pensionabile minima o di una quota derivante dalla combinazione tra anzianità anagrafica e contributiva.
Pensioni più giuste ed adeguate
– Occorre creare le condizioni affinché il calcolo della pensione con il metodo contributivo, venga effettuato secondo modalità e criteri più equi, anche per evitare che gli effetti negativi della crisi economica pesino sulla futura pensione, attraverso meccanismi di solidarietà e garanzia in grado di proteggere il valore dei contributi versati negli anni. è indispensabile garantire il diritto dei pensionati a godere della giusta pensione, oggi compromesso da leggi che limitano a 3 anni il termine entro il quale chiedere il ricalcolo della pensione qualora, dopo la liquidazione, ci si accorga della mancanza di periodi contributivi o di errori dell’INPS nella determinazione dell’assegno. Il potere di acquisto delle pensioni in essere va tutelato, sia rimuovendo le attuali limitazioni sulla perequazione al costo della vita per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo, sia tramite la riduzione del carico fiscale che grava su di esse.
Previdenza complementare
– Bisogna rendere di fatto obbligatoria la previdenza complementare, specie per i lavoratori più giovani, favorendo tramite i contratti collettivi di lavoro l’adesione generalizzata dei lavoratori ai fondi pensione, nella forma della destinazione obbligatoria del contributo contrattuale posto a carico del datore di lavoro (lasciando al lavoratore la scelta ulteriore di conferimento del TFR, da incentivare anche tramite la forma tacita del “silenzio – assenso”). Occorre rilanciare la previdenza complementare attraverso un progetto straordinario di educazione previdenziale e di comunicazione istituzionale che coinvolga il Governo, le istituzioni pubbliche e private dedicate, le parti sociali e i fondi pensione.
Un nuovo patto per i giovani
– È necessario che i giovani recuperino fiducia nel sistema previdenziale pubblico e perché questo avvenga bisogna dare garanzie sull’adeguatezza delle pensioni future a chi svolge lavori discontinui o con retribuzioni basse o a chi è entrato tardi nel mercato del lavoro.
Vanno migliorate e rafforzate le prestazioni sociali e assistenziali a beneficio dei lavoratori parasubordinati o comunque iscritti alla gestione separata, con o senza partita iva. Va promosso ed incentivato l’uso volontario del part time o dell’orario ridotto negli ultimi anni della carriera lavorativa, finalizzato all’assunzione o all’inserimento lavorativo di un giovane, senza penalizzazioni contributive e previdenziali per i lavoratori interessati che passano da tempo pieno a tempo parziale.
– Informazione sulla previdenza e sul risparmio previdenziale
Occorre garantire a ciascun lavoratore e a ciascuna lavoratrice un’adeguata informazione sulla propria posizione previdenziale presente e sulle prospettive pensionistiche future. Tutti i cittadini devono essere effettivamente in grado di ricevere e accedere al proprio estratto contributivo previdenziale.
È in gioco il futuro del Nostro Paese, la ripresa di un ciclo lungo di sviluppo stabile e sostenibile in assenza del quale il giusto bisogno di futuro delle giovani generazioni, la coesione sociale e la stessa tenuta della democrazia arriverebbero al punto di rottura”.

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