Rete Antirazzista Irpina verso lo sciopero dei migranti

Rete Antirazzista Irpina verso lo sciopero dei migranti
A seguire vi proponiamo il testo integrale della nota emanata dal direttivo della Rete Antirazzista Irpina:
“Ce lo ha insegnato Deleuze, maestro materialista, che il pensiero comincia con l’effrazione e la violenza. E la violenza è un incontro o la differenza. Non si tratta di essere anime bell…

Rete Antirazzista Irpina verso lo sciopero dei migranti

A seguire vi proponiamo il testo integrale della nota emanata dal direttivo della Rete Antirazzista Irpina:
“Ce lo ha insegnato Deleuze, maestro materialista, che il pensiero comincia con l’effrazione e la violenza. E la violenza è un incontro o la differenza. Non si tratta di essere anime belle, intendiamoci, Deleuze non è mai stato di sinistra, mai, come tutti quelli che pensano la rivoluzione a partire dal desiderio. La differenza non è il diverso, il diverso – continua Deleuze ‒ è già dato, è lì, identico, di fronte a noi. La differenza è ciò che rende possibile il diverso: creazione o genesi nella relazione. A Rosarno abbiamo incontrato una rivolta, una rivolta di migranti africani contro la violenza dello sfruttamento, meglio, dell’espulsione. Con Rosarno abbiamo capito cosa significa migrazione nella crisi, laddove le braccia per le arance non servono più, dopo esser state già di troppo nel Nord-est o in Emilia. Abbiamo appreso un lungo viaggio, segnato dalla crisi che mangia la strada e le speranze. Disoccupazione, per i migranti, significa espulsione, con i fucili o con i bastoni o con la polizia. A Rosarno, però, la testa si è alzata su, con coraggio le strade si sono rotte e i migranti sono insorti.
E’ da lì che siamo ripartiti, quando la rete antirazzista irpina, assieme ai rifugiati politici di Conza della Campania, si è rimessa in moto per fermare il dilagare del razzismo e dello sfruttamento contro i fratellie le sorelle migranti. Un vero e proprio laboratorio sociale diffuso, fatto di tanti piccoli grandi eventi e di momenti collettivi. Come quello organizzato per venerdì 26 febbraio dalla rete antirazzista irpina all’agriturismo Valle Ofanto di Calitri che porterà in tavola “Ricette a Colori”. Un progetto meticcio a firma Rouge spazi pubblici autogestiti che costruisce relazioni di reciprocità attraverso la cucina. La cucina si rivela così non solo come pratica del gusto, ma anche luogo per comunicare.
Il Primo Marzo 2010 si preannuncia come una giornata carica di suggestioni e di sperimentazioni. Nata dal basso, il tam tam si sta allargando.Il primo marzo non sarà solo una giornata di sciopero dei migranti, sarà luogo e momento di autoformazione, dibattito, discussione a livello nazionale, un tentativo di presa di parola comune di soggetti senza “statuto”, clandestini e declassati una forma di ricomposizione sociale dentro la crisi.
Non è possibile definire una sintesi: ognuno sta inventando il proprio contributo ad una giornata che darà visibilità concreta ai migranti, al protagonismo sociali di tante e tanti che hanno scelto di cooperare insieme per 24 ore, per dire No al razzismo, no alla precarietà, si ai diritti.
Il razzismo che attraversa la società italiana è un razzismo che prende forma e si dispiega nei contesti istituzionali, che costringe i migranti al ricatto del legame tra permesso di soggiorno e lavoro. Oggi, è sempre più chiaro che la legge Bossi-Fini produce clandestinità (aumentando la popolazione carceraria a dismisura), mettendo a rischio ogni diritto fino a minare anche il diritto alla salute. E mentre continua la pratica disumana dei respingimenti in mare e verso la Libia, il cosiddetto “patto d’integrazione” con il permesso di soggiorno a punti non è che l’ultima trovata per mettere i migranti sotto ricatto, negando ogni prospettiva di accesso stabile e permanente a tutti i diritti di cittadin anza, attraverso una strategia che riduce le soggettività subalterne all’invisibilità, ad una condizione di instabilità spazio-temporale, ad un’esistenza precaria da sfruttare. Nel frattempo c’è anche chi propone classi separate per gli studenti migranti e, anziché promuovere la conoscenza e l’arricchimento reciproco, soffia sulla diffidenza e l’odio. Quando il sapere sembra sfumare dentro la nube contabile di Tremonti o la classi con i tetti xenofobi della Gelmini, quando l’imbecillità definisce il ritmo della catastrofe politica, è decisivo ricominciare a pensare. E il pensiero non parte se prima non c’è un incontro. L’incontro, nel nostro caso, non ha niente a che fare con la buona educazione del multiculturalismo di sinistra. Né la volgarità del senso comune né l’inutilità del buon senso. Ma un senso nuovo, tutto da costruire, nel racconto, nell’esperienza, nella vita, nelle lotte.
A partire da questa consapevolezza, cifra privilegiata dello spaesamento più generale che ci tocca in sorte e all’interno del quale possiamo inventare cose nuove, vivremo il Primo marzo come una grande giornata in cui riprendere ad “ascoltare la lezione”. «Lezioni di clandestinità», dove il sapere è il sapere della vita offesa, della vita che resiste, della vita che non vuole stare in gabbia. Studenti universitari e medi torneranno nelle piazze italiane, per ascoltare un’altra lezione che difficilmente si impara dietro i banchi, nelle aule, sui libri: la lezione di chi fugge dalla guerra, dalla polizia o da Rosarno. Perché non basta ripetere il ritornello multiculturalista per risolvere i problemi che abbiamo di fronte. C’è bisogno di un’invenzione – conclude il direttivo – ma prima, c’è bisogno di riprendere a pensare”.

SPOT