Ad Avellino era l’uomo ombra di Rino Marchesi, ufficialmente era il suo “secondo”. Erano entrambi alla prima esperienza in serie A. L’allenatore ex Ternana aveva preso il posto di Paolo Carosi che aveva portato l’Avellino in serie A quasi senza accorgersene, tanto da accordarsi con la Fiorentina quando tutti – lui compreso – non immaginavano che sarebbe stato possibile il grande salto nella massima divisione.
Spartaco Landini era stato un valido difensore che, cresciuto nella squadra del suo paese a San Giovanni Bracciolini, in Toscana, era passato nell’Inter di Helenio Herrea, quindi nel Palermo, nel Napoli, per concludere la carriera nella Sangiovannese, a casa sua. S’iscrisse al corso di Coverciano dove ritrovò il suo amico Marchesi e quando il tecnico fu chiamato dall’Avellino, chiese a Spartaco – di sette anni più giovane – di fargli da secondo. In realtà erano un’unica cosa, condividendo ogni decisione. La prima, fu quella di scegliere il ritiro precampionato per l’Avellino che si apprestava all’esordio in serie A.
Decisero di andare a Castel del Piano, in Toscana, a due passi dalla casa di Landini il quale conosceva benissimo i proprietari dell’hotel Impero dove fu possibile ricevere una accoglienza familiare per quella squadra tutta da inventare. E pure per le trasferte al nord, con il pullman guidato dall’inossidabile Amerigo Gengaro, si faceva puntualmente tappa a Reggello, sempre da amici di Spartaco.
Marchesi e Landini si completavano a vicenda, il primo metodico milanese, il secondo passionale toscano, un “quasi napoletano”. Affrontavano con entusiasmo ogni difficoltà, ogni problema, trovando sempre una soluzione per un Avellino senza esperienza, senza una valida organizzazione.
Il loro impegno, la dedizione, la passione, furono gli ingredienti per ottenere la prima indimenticabile e sofferta salvezza in serie A. Poi un’altra ancora, quindi andarono al Napoli. Successivamente le loro strade si divisero perché Landini decise di fare il direttore sportivo, meno faticoso rispetto al ruolo di allenatore e lavorò quindi per Catanzaro, Genoa, Lucchese, Spezia, Varese. Continuò a mantenere comunque i contatti coi pochi amici di Avellino, informandosi delle vicende della squadra, della società.
Fu dispiaciuto quando, a novembre del 2014, non riuscì a seguire il Varese impegnato nella trasferta di Avellino, perchè già conviveva con la sua malattia e i medici gli sconsigliarono il viaggio. Lui avrebbe voluto incontrare qualche vecchio amico, fare una rimpatriata scavando nell’ampio album dei ricordi. Si limitò a qualche telefonata, con il consueto tono ottimistico che lo contraddistingueva. Fu l’ultima volta in cui si siamo sentiti: volle sapere come aveva giocato il suo Varese, il portiere Bastianoni che aveva salvato il risultato (0-0 finale) ma s’informò pure dell’Avellino che pure gli era rimasto nel cuore, nonostante fossero trascorsi tanti anni.
Intanto si era stabilito a Genova dove domani, martedì, saranno celebrati i funerali di Spartaco Landini che ha lasciato questa terra a 73 anni, riportandoci indietro di quasi quarant’anni, nel ricordare uno dei tanti protagonisti della gloriosa storia dell’Avellino.
L.P.