Nell’hotel a 5 Stelle, Di Maio fa il pienone: “Non si vedeva tanta gente dai tempi di De Mita”

Dicono che tanta gente nella sala conferenze e pure fuori dall’Hotel de la Ville non se ne vedeva dai tempi in cui Ciriaco De Mita affascinata gli elettori coi suoi discorsi su temi politici che solo pochi potevano comprendere. Altri, a quei tempi, erano lì a fare finta di capire. Però applaudivano, eccome se applaudivano. Dovevano farlo e soprattutto dovevano farsi vedere.

Sono gli stessi che, adesso, increduli guardano il fenomeno “cinque stelle” con un pizzico di rabbia e senza più la puzzetta sotto il naso, rammaricati e facendo autocritica per la gestione arrogante del potere attuata da partiti – il PD soprattutto – che hanno così consentito la crescita della protesta e della delusione degli elettori e, di conseguenza, quella esponenziale dei “grillini”. Hai voglia di dire che i Cinque Stelle sono una massa di incapaci arruffoni e altro ancora.

Fatto sta che, mentre i candidati avversari erano in giro lungo Corso Vittorio Emanuele – tra bimbi che lanciavano coriandoli e zeze di ogni genere – a fare propaganda in prima persona o attraverso i loro galoppini, stringendo mani e dispensando sorrisi, cercando consensi e distribuiendo bigliettini, all’albergo a 5 stelle (non poteva essere altrimenti) c’era gente incollata agli altoparlanti piazzati all’esterno della struttura. Ciò perchè dentro la sala non c’era posto nemmeno per una mosca.

Scene d’altri tempi, sembrava di vedere i film in bianco e nero con le persone che ascoltavano “Radio Londra” con l’orecchio alla radiolina e la mano alzata per raccomandare agli altri di stare zitti, per non perdere una parola di ciò che l’oratore stava dicendo.

E ne ha detto di cose Gigino Di Maio, raccontando dell sue prime impressioni quando, ad appena 26 anni, si ritrovò in un Parlamento frequentato solo da vecchi tromboni decisi a fare valere privilegi che avrebbero poi visto gradualmente diminuire proprio per volontà di quei ragazzi apparentemente scalmanati e sfrontati ma capaci di attirare consensi attraversoun modo di fare completamente diverso rispetto alla politica tradizionale.

Le cose che ha detto Di Maio hanno affascinato la platea, considerando il numero di interruzioni per applausi rispetto al modo spontaneo e diretto con cui il parlamentare ha tenuto il suo discorso, tutto a braccio, con qualche fuori programma (“E mò basta cò ‘sti telefonini”, ha rimbrottato a quanti non avevano messo la modalità silenzioso), facendo più volte riferimento ai candidati locali, chiamando spesso in causa “Carlo” riferendosi al Sibilia pentastellato che era lì a fare gli onori di casa con Ugo Grassi, Valeria Ciarambino, Michele Gubitosa.

Di Maio ha parlato di tutto, anche degli avversari politici (“Non parliamo contro gli altri, alle loro cattiverie ma rispondiamo con il sorriso”), mandando un caro saluto a Ciriaco De Mita evitando di entrare in polemica e pureun pensiero a Vittorio Sgarbi (“Lo hanno costretto a venire nel mio collegio, pensando di contrastarmi, ma a Pomigliano i miei concittadini niente altro potranno fare per lui se non offrirgli il caffè”).

Le cose dette dal parlamentare aspirante premier sono state tante e tutte apprezzate dai presenti e pure dagli assenti.

C’è una realtà che non puà sfuggire a chi non è fazioso e dichiaratamente schierato: i Cinque Stelle raccolgono consensi in scioltezza. Senza nulla togliere alle loro capacità, riescono a guadagnare punti per manifesta incapacità degli avversari politici, quelli dei quali la gente non ne può più.

E allora, se proprio uno deve farsi male  – pensano gli elettori – meglio puntare su questi volti nuovi e rischiare di avere fatto una scelta che potrebbe rivelarsi buona anzichè dare fiducia a gente che ha fatto solo promesse e soprattutto danni.

 

 

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