“No al biodigestore”, il comitato provinciale dell’ARCI Avellino, insieme a tutti i suoi circoli, aderisce alla manifestazione indetta per il 15 settembre.
“Il caso di Chianche è emblematico di come le cosiddette opere strategiche siano molto spesso frutto di imposizioni dall’alto e non di un percorso inclusivo in grado di coinvolgere la cittadinanza nella definizione dei bisogni e delle soluzioni. Un piccolo comune, con l’esigenza di ottenere un cospicuo finanziamento, impone un’opera importante ma discutibile, che andrebbe invece pianificata all’interno di un dibattito provinciale sulle politiche ambientali ed ecologiche”, si legge nella nota di Arci Avellino.
“Noi pensiamo che vada istituito il distretto enologico irpino e un piano di sviluppo per le aree come quella del Greco di Tufo, che punti alle produzioni di qualità, all’enoturismo, alla tutela paesaggistica e alla riqualifica dei borghi, proprio a partire dal patrimonio enologico e paesaggistico. Ed è per questo che diciamo no al biodigestore, non per contrapposizione ideologica, ma per un’idea sostanzialmente alternativa per lo sviluppo di quell’area così importante per il nostro territorio. Invitiamo le istituzioni competenti, le associazioni, i sindacati, i cittadini – a dieci anni ormai dall’inizio della crisi e con un’emigrazione ormai insostenibili – ad aprire un grande dibattito pubblico sullo sviluppo della nostra provincia, sulle risorse da attrarre e sull’ambiente da tutelare. Un dibattito in grado di aprirsi alla partecipazione di tutti e che possa determinare un progetto condiviso per salvare la nostra terra.
Siamo infatti consapevoli della necessità di un biodigestore, o comunque di centri di smaltimento del residuo umido agricolo e urbano, all’interno della nostra provincia e non ci nascondiamo dietro la logica Nimby. Pensiamo, però, che oggi più che mai sia necessario un ripensamento ordinato e ponderato dell’intero sistema rifiuti irpino unendolo, alla definizione di quale modello di sviluppo ci immaginiamo per la provincia irpina”.
“È all’interno di questo modus operandi che puó essere individuata un’area adeguata in cui realizzare l’impianto nella maniera meno impattante possibile, magari riqualificando impianti industriali già esistenti ma abbandonati, che già godono delle infrastrutture necessarie. Sappiamo bene come il sistema dei rifiuti negli anni sia stato vittima di corruzione, tangenti, inflitrazioni camorristiche ed è per questo che chiediamo che ogni impianto abbia all’interno una commissione di cittadini in grado di verificare il materiale in entrata e in uscita, la resa dell’impianto e il controllo economico del sistema rifiuti. Sopratutto in occasione della costituzione dell’ATO rifiuti provinciale chiediamo che siano istituiti con urgenza dei meccanismi di controllo e co-progettazione della popolazione e di tecnici indipendenti nella ridefinizione dell’intero sistema dei rifiuti irpino, immaginando una ridefinizione del paradigma da grandi strutture ( come lo stir di Pianodardine o un biodigestore da diverse tonnellate) in piccoli impianti ed evitando che siano i singoli comuni a dover prendere delle decisioni che riguardano l’intera provincia”.