C’era, nelle intenzioni del Decreto Dignità, approvato la scorsa estate ma effettivo tout court solo dal prossimo luglio, la volontà di combattere aspramente il gioco e la deriva illegale del settore, come noto largamente proliferante e fittamente presente.
Ma, ad oggi, sia per quel che riguarda il gioco patologico, sia per quel che riguarda il gioco irregolare, c’è poco da star sereni.
Il punto sulla questione è stato fatto lo scorso diciannove aprile, a Bussolengo, nel convegno organizzato dall’Istituto Friedman e dalla Siipac, la Società Italiana per gli Interventi sulle Patologie Compulsive.
Il gioco patologico continua ad essere una patologia della psiche di cui spesso si parla ma senza cognizione di causa. Si tratta, in realtà, di una dipendenza comportamentale, categoria in cui il gioco patologico è entrato nell’ormai lontano 2013.
Ma spesso la soluzione, vigente ancora oggi, è stata quella duplice, da un lato, del divieto, dall’altro
del proibizionismo. E l’effetto, in larga parte, è stato sempre quello opposto alle intenzioni di partenza.
Per quel che riguarda invece il gioco illegale, più aumentano le misure restrittive, e questo più cresce ed aumenta, e così sta succedendo ora in Italia, dove il gioco patologico è aumentato e peggiorato, ai danni dei giocatori e dei
consumatori ed in favore di chi specula su queste attività.
La criminalità organizzata si è infiltrata nel settore dei giochi creando un’economia sommersa pari a 20 miliardi di
euro, secondo quanto emerge dal bilancio sul gioco illegale pubblicato da Gaming Report.
In Italia si è corso ai ripari inserendo le limitazioni orarie sui dispositivi da gioco, unica soluzione per combattere la dipendenza da gioco, eppure fallace, come dimostrato da studi che hanno evidenziato come l’interruzione per un giocatore davanti ad una macchina comporta una maggiore compulsività.
La sua dipendenza, praticamente, risulta aggravata. Sarebbe, nella logica delle cose, la prevenzione, assieme alla formazione, l’unico mezzo efficace di contrasto all’azzardo patologico. Diretta, sì,da operatori sanitari, ma per aiutare i giovani, a cominciare dalle scuole per finire nei luoghi di gioco.
Il divieto insomma non evita problemi, piuttosto li aggrava.
Nel convegno ha preso parte anche la Croce Rossa di Verona, che ha parlato per bocca del responsabile Alessandro Ortombina, per il quale l’attività ludica era considerata alla base stessa della formazione di ciascuna persona.
La Croce Rossa ha dato il suo assenso all’intervento sull’individuo per prevenire conseguenze negative. E difatti a Verona lo sportello sociale di lotta alle dipendenze è diventato un modello nazionale che ha ispirato la Croce Rossa nazionale in tutta Italia.
Il proibizionismo ha portato e porta ancora oggi alla diffusione del gioco patologico e dell’illegale.
Nel 2013 a Bolzano, per esempio, l’assessore alla salute vietò il gioco d’azzardo in tutto il territorio ma ciò non bastò ad arginare il fenomeno.
Una situazione pericolosa quando irrompe l’illegale, dal momento che non risulta alcun tipo di controllo dell’autorità e nessuna limitazione, di conseguenza nemmeno il divieto ai minori.
Una situazione che aumenta la dipendenza e che si sviluppa con molta facilità rispetto a quando il gioco è controllato.