Sconcertante l’atteggiamento tenuto da Salvatore Di Somma durante la conferenza stampa del presidente Mauriello.
Il direttore sportivo dell’Avellino Calcio non ha mosso in dito per evitare al suo padrone di dire sciocchezze, di non fargli fare una brutta figura.
Dall’alto della sua autorevolezza il ds del Calcio Avellino, avrebbe potuto fornire esperienza e competenza al dibattito. Nulla ha fatto per evitare che la situazione degenerasse al punto tale da provocare una rottura insanabile tra la società con tifoseria e ambiente giornalistico.
Lui, l’anziano, il saggio, l’esperto, poteva intervenire, doveva fare qualcosa. In modo preventivo, avrebbe dovuto sconsigliare una sortita del presidente a 48 ore dalla prossima partita, con esternazioni che hanno mortificato le dichiarazioni dell’esordiente allenatore Ignoffo, che nessuno ha reperito su siti e giornali, oscurate dal fragoroso comizio del presidente dell’Avellino, l’altissimo Mauriello.
Il mercato chiude lunedì
Quando l’avvocato Mauriello, presidente del Calcio Avellino, ha detto “Abbiamo tempo fino al 6 settembre per fare la fidejussione“, uno che capisce di calcio avrebbe dovuto correggere il massimo dirigente dell’Avellino suggerendogli che il mercato chiude improrogabilmente il 2 settembre.
Invece Di Somma il Salvatore è rimasto a osservare, impassibile e confuso.
Forse neanche ricordava che, dopo quella data, fideiussione alla mano, si potranno ingaggiare solo calciatori svincolati. Che non sono quelli che aspettano di giocare, privi di tesseramento e parcheggiati ad Avellino.
Quando il presidente Mauriello ha attaccato la stampa, nulla ha fatto Di Somma, l’anziano direttore sportivo del Calcio Avellino, per smorzare i toni, come qualsiasi saggio uomo di calcio avrebbe fatto, dall’alto dell’esperienza e del rapporto con la piazza calcistica avellinese.
Presenza inutile
Quale è stato il ruolo svolto da Di Somma durante la conferenza stampa? Uno spettatore qualsiasi con una postazione privilegiata, alla destra del padre (suo padrone).
Una presenza inutile.
Impassibile, il vetusto direttore sportivo dell’Avellino Calcio, è rimasto ad ascoltare senza muovere un muscolo della faccia per dare vita a una espressione, senza offrire un labiale che potesse scongiurare la pessima figura che il suo padrone ha collezionato dandosi una martellata sugli attributi quando ha accusato la stampa di avere portato l’Avellino sull’orlo del baratro.
Silenzio complice
Un direttore sportivo qualsiasi, un uomo di calcio qualunque, a quel punto sarebbe intervenuto, senza pensare a difendere la pagnotta e restare in un silenzio che paventa una complicità angosciante.
Direte: c’era anche Iuppa, alla sinistra del padre (non suo padrone). Vero, ma lui è uno yesman Sidigas, uno che con il calcio ha scarsa dimestichezza. Ora ha potere di firma, è l’amministratore dell’Avellino. Una volta, con Taccone, lo faceva pure un certo Argenziano. Per la serie: possono farlo tutti, a patto di essere disposti ad avere qualche preoccupazione.
Il popolo sportivo auspicava che l’arrivo di Di Somma, direttore sportivo dell’Avellino, reduce da esperienza sannita in giallorosso, fosse sinonimo di garanzia.
Fiducia esaurita
Da uno come lui, con una età a cui è tutto consentito e senza problemi economici, ci si sarebbe aspettato un gesto significativo: dall’abbassare i toni (il minimo) al prendere le distanze da Mauriello (il massimo), alzandosi e andandosene, magari dimettendosi.
Invece il direttore sportivo dell’Avellino Calcio è rimasto lì, come intontito, forse senza neanche rendersi conto di ciò che stava succedendo, che in quel momento si stava spezzando l’ultimo filo che teneva legata la tifoseria alla società.
Di Somma il Salvatore, insomma, ha perduto una buona occasione per lasciare un segno indelebile nella mente della tifoseria ed essere così ricordato a vita per essere stato uno “vero”, anzichè mettersi sullo stesso livello di chi ha portato il calcio (e il basket) in questo schifo.
Ed esserne, quindi, complice.