Comunicato ufficiale dei possibili acquirenti dell’Avellino calcio, diffuso ufficialmente ieri alle 19,30:
“Mauriello e De Cesare devono dimettersi: in assenza di un tale atto – ritenuto dagli scriventi essenziale per il closing e dovuto innanzitutto alla Città di Avellino e ai suoi tifosi – entro le ore 12.00 della giornata di sabato 30 novembre, la IDC non darà seguito alla finalizzazione dell’operazione”.
L’ultimatum è puntualmente scaduto e la IDC ne sta organizzando un altro, fissando la nuova scadenza a lunedì ore 19,00 per concludere l’operazione.
Una volta l’ultimatum rappresentava una cosa seria, utilizzato in questa maniera, spostandolo come una vettura in doppia fila, diventa una “fetecchia“.
Deriva dal latino ultimus che significa “estremo“, “ultimo”.
Per ultimatum si intende l’intimazione attraverso la quale un soggetto comunica ad un altro le proprie condizioni irrevocabili, respinte le quali si rompono i negoziati.
A livello internazionale, alla scadenza degli ultimatum si può ricorrere alla forza o dichiarare guerra.
Il calcio è sicuramente una cosa meno seria di una dichiarazione di guerra ma, per la tifoseria irpina, in questo momento l’Avellino conta più di una crisi di governo.
A mezzogiorno di oggi 30 novembre 2019, Mauriello e De Cesare ricoprivano ancora le cariche societarie dalle quali, secondo i potenziali acquirenti, avrebbero dovuto dimettersi per evitare di annullare il negoziato, come solennemente minacciato.
I potenziali acquirenti adesso dicono di volere aspettare fino a lunedì pomeriggio, quando è in programma l’appuntamento presso il notaio napoletano che dovrebbe ratificare il passaggio di proprietà dell’Avellino.
E l’ultimatum?
Gente indecisa pure questa, insomma, che non sa dare seguito alle proprie decisioni. C’è tanta somiglianza con i Mauriello e i De Cesare degli ultimi tempi.
Prima hanno dato un ultimatum per cui si ritiravano. Adesso aspettano che il commissario giudiziale Baldassarre decida sul da farsi. Ma non dovevano decidere loro per il mancato rispetto dell’ultimatum?
Ad Avellino una cosa del genere viene definita tentennamento (in modo edulcorato) oppure “Zeza” (per dare meglio l’idea).
Registriamo intanto le dichiarazioni fornite dal legale che rappresenta la IDC (la democrazia cristiana non c’entra, sia chiaro), avv. Petrillo: “Adesso che questo ultimatum è scaduto, ci riserviamo ogni valutazione, che, però, non vogliamo fare ora per rispetto nei confronti della squadra e della città. È noto che domani si gioca una partita abbastanza importante e, quindi, qualsiasi dichiarazione volessimo o dovessimo fare in questo momento sarebbe un modo per influenzare anche la serenità dello spogliatoio e della tifoseria”.
Ma quando mai?
Proprio perchè c’è una partita di calcio di mezzo, occorreva sgombrare il campo dalle incertezze che invece si moltiplicano, creando disgusto e confusione. Sia per i tifosi che per i tesserato.
Scaduto l’ultimatum senza dimissioni di Mauriello e De Cesare? Arrivederci e grazie, arrangiatevi.
Un’azione del genere avrebbe dato credibilità e spessore ai rappresentanti IDC: dovevano essere gli altri a tirare, poi, per la giacchetta i potenziali acquirenti implorando loro di acquisire il pacchetto azionario.
Il timore adesso è di vedere l’Avellino calcio fare la stessa fine della Scandone, procedendo con un rinvio dopo l’altro, fino all’assuefazione della drammaticità della situazione.
Invece si rinvia, si aspetta, si coltivano speranze e si crea ulteriore confusione, perchè l’affare interessa, eccome, al punto di essere pure disposti ad accettare il “riacquisto” indicato da De Cesare, ovvero la possibilità di vedere il patron della Sidigas tornare padrone dell’Avellino, dopo avere eventualmente sistemato le vicende finanziarie e giudiziarie.
Aspettiamo lunedì ma, per favore, agite in silenzio e senza diramare comunicati ultimativi.
Ed evitate di propinarci termini come ultimatum, closing, refunding, due diligence insieme a diktat che provocano ansia. E’ meglio per tutti.