Personale della Guardia di Finanza ha dato esecuzione ad un’ordinanza – emessa dal Gip del Tribunale di Roma, Mara Mattioli, su richiesta del Procuratore Europeo Delegato dell’Ufficio di Venezia, Donata Patricia Costa – contenente 24 misure cautelari personali (di cui 8 in carcere, 14 arresti domiciliari e due interdittive a svolgere attività professionale e commerciale) nonchè sequestri per 600 milioni di euro.
Tra i valori sottoposti a sequestro ci sono appartamenti e ville, rilevanti somme in criptovalute, orologi di alta fascia (Rolex), gioielli (Cartier), oro e auto di lusso (tra cui Lamborghini Urus, Porsche Panamera e Audi Q8), unitamente agli oltre 600 milioni di crediti creati dall’organizzazione smantellata dagli investigatori.
Indagini complesse
Le attività di polizia giudiziaria, condotte dalle Fiamme Gialle di Venezia con il supporto dei Reparti Speciali delle fiamme gialle, hanno consentito ìdi individuare, -mediante l’uso della tecnica del “follow the money” – le condotte ritenute di riciclaggio e autoriciclaggio di ingenti profitti illeciti attuate attraverso un complesso reticolato di società fittizie artatamente costituite anche in Austria, Slovacchia e Romania.
Ad agevolare la ricostruzione dei flussi finanziari illeciti hanno contribuito gli approfondimenti svolti su oltre 100 segnalazioni di operazioni sospette (provenienti anche da Financial Intelligence Unit estere) afferenti agli indagati che, unitamente ai riscontri documentali raccolti attraverso acquisizioni documentali e indagini bancarie, hanno consentito di individuare i presunti promotori, i partecipi e gli agevolatori del sodalizio criminale, con i differenti ruoli assunti dai responsabili nell’architettare evoluti sistemi di frode.
Una coppia al vertice
Le indagini sono iniziate attenzionando due società veneziane che avevano partecipato ai bandi di Simest (del gruppo Cdp) per ottenere i fondi europei del Pnrr, dedicata all’internazionalizzazione delle imprese.
I documenti, secondo gli investigatori, presentati mostravano incongruenze rispetto a quelli depositati alla camera di commercio: bilanci floridi a fronte di dichiarazioni dei redditi mai presentate e fatture non emesse.
Attraverso intercettazioni e accertamenti informatici è stata individuatia una coppia formata da un uomo altoatesino (con vari precedenti, anche per droga) e da una donna di origine ucraina, residenti in provincia di Verona, considerata il vertice del ramificato gruppo.
Segnalazioni preziose
Attraverso l’Europol sono state verificate centinaia di segnalazioni pervenute dalle banche e dalle Financial intelligence unit estere, che evidenziavano operazioni di sospetto riciclaggio facendo così emergere una rete di soggetti che gestivano in tutto 23 società “vuote” con sedi in varie città italiane, create appositamente per beneficiare di qualsiasi forma di finanziamento pubblico.
Tali società venivano poi trasferite in altre città, modificando l’oggetto sociale per trasformarsi in attività edilizie, creando poi crediti fasulli relativi a ristrutturazioni e falsi aumenti di capitale per poter beneficiare delle agevolazioni per il sostegno alla capitalizzazione delle imprese.
Tecnologia avanzata
Il gruppo si serviva di sistemi di tecnologia avanzata, utilizzando un Vpn per simulare indirizzi ip diversi rispetto a quelli reali nonchè software di intelligenza artificiale per falsificare i documenti delle pratiche. Gran parte delle somme ottenute sarebbe stata convertita in criptovalute tramite piattaforme di exchange. La Guardia di Finanza, attraverso una prodromica attività d’intelligence, è riuscita a ricostruire l’intera filiera dell’attività e individuare i soggetti destinatari delle misure cautelari eseguite da 150 finanzieri che hanno eseguito notifiche e perquisizioni in Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Campania e Puglia.
Custodia cautelare
Otto persone sono finite in carcere, ben 14 ai domiciliati e per altre due è stato emesso il divieto di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche o imprese (per due anni)
Tra i destinatari del provvedimento di arresto in carcere c’è pureMaurizio De Simone, 43 anni, di Avellino. Si attende di conoscere i nomi degli altri 23 soggetti nei confronti dei quali sono stati emesse le ordinanze di custodia cautelare. L’avellinese, facente parte delle 24 persone arrestate, era stato recentemente coinvolto anche nell’indagine della Procura di Avellino relativa ai cosiddetti bonus facciate e bonus ristrutturazioni. Nell’agosto del 2020, inoltre, era stato già arrestato e rimasto per circa nove mesi in carcere (il processo è tuttora in corso), quale ex patron del Trapani che aveva rilevato dal gruppo Morace cedendolo, poi, a quello Petroni.
Il gip di Trapani, Caterina Brignone, aveva firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. su richiesta dei pm che lo accusavano di aver prosciugato 200mila euro dalle casse del Trapani Calcio e di aver sottratto 9 milioni di euro all’erario, riuscendo ad ottenere anche il reddito di cittadinanza.
Prima di diventare patron del Trapani, De Simone aveva tentato di acquistare anche il Matera Calcio e in precedenza si era occupato di molteplici attività quali la gestione di call center in provincia di Avellino.