Clan delle Aste, respinto il ricorso di Woodcock, ma il Riesame conferma il sequestro dei beni

Clan delle Aste, respinto, ieri, il ricorso dalla Cassazione, presentato dalla Procura Distrettuale Antimafia di Napoli contro l’ordinanza del Tribunale di Avellino, che aveva disposto l’azzeramento del processo e la scarcerazione dei vertici del sodalizio criminale.

 

La V sezione della Suprema Corte, ha bocciato il ricorso, definendo inammissibile l’impugnazione della Dda, contro la sentenza del Tribunale di Avellino, che aveva disposto la trasmissione gli atti alla Dda di Napoli per un nuovo capo di imputazione. Nell’ordinanza emessa dal tribunale di Avellino, il 27 apile scorso, i giudici hanno riconfigurato l’organizzazione, coinvolta nel caso delle aste, come un’entità autonoma, sottolineando le condotte tipiche del reato 416 bis del Codice Penale, compreso il ruolo di “Antistato” e l’attuazione di estorsioni ambientali.

Una ricostruzione diversa dall’impianto accusatorio portato avanti in questi anni dalla procura antimafia. Una modifica sostanziale, perché dopo la lettura dell’ordinanza i giudici hanno rinviato gli atti del processo alla procura antimafia per la riqualificazione delle accuse principali. E alla luce delle ragioni contenute nel dispositivo le esigenze di custodia cautelare, che erano abbinate alle precedenti ipotesi di reato contestate, sono venute meno e per questo i giudici hanno scarcerato e rimesso in libertà ggli imputati.

 

Da qui il ricorso, promosso dal pm Henry John Woodcock e sostenuto da tutto l’Ufficio di Procura, compreso il Procuratore Nicola Gratteri e che riguarda gli otto imputati, che sono stati scarcerati dopo la decisione del Tribunale di Avellino .

Un ricorso nei confronti di cinque persone giuridiche (le società riconducibili agli indagati) e otto imputati (regrediti di nuovo ad indagati dopo l’ordinanza emessa dal tribunale presieduto dal giudice Roberto Melone): Nicola Galdieri, Carlo Dello Russo (questi due in carcere per la condanna inflitta per il processo Nuovo Clan Partenio), Livia Forte, Armando Aprile, Antonio Barone,Gianluca Formisano, Damiano Genovese e Beniamino Pagano tutti scarcerati per effetto della decisione adottata dal Tribunale di Avellino all’esito di una camera di consiglio durata 24 ore e di un’istruttoria dibattimentale durata due anni e mezzo.

 

Nell’impugnazione il pm Woodcock aveva evidenziato come la decisione del Tribunale di Avellino fosse affetta da “abnormità strutturale e che avesse assunto le caratteristiche di una vera e propria sentenza di condanna, superando i limiti consentiti”.

Ora bisognerà attendere le motivazioni della decisione dei magistrati della corte di Cassazione. Intanto il processo torna alla fase di partenza con la Dda, che dovrà rifare gli avvisi di conclusione delle indagini e richiesta di rinvio a giudizio, fase in cui gli indagati potranno scegliere anche riti alternativi.

Ai sigilli, apposti dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, si erano opposti quattro legali componenti il collegio difensivo: gli avvocati Villani, Furgiuele, Taormina e Botti. Si tratta della reiterazione di un sequestro già operato dai finanzieri su delega della Procura antimafia partenopea nei confronti degli indagati Armando Aprile, Gianluca Formisano, Antonio Barone e Livia Forte. Sulla base di questa nuova sentenza, quindi, restano sotto sequestro 70 immobili, 26 terreni, 6 società, 3 autoveicoli e quasi 600 mila euro.

delle Aste, respinto, ieri, il ricorso dalla Cassazione, presentato dalla Procura Distrettuale Antimafia di Napoli contro l’ordinanza del Tribunale di Avellino, che aveva disposto l’azzeramento del processo e la scarcerazione dei vertici del sodalizio criminale.

La V sezione della Suprema Corte, ha bocciato il ricorso, definendo inammissibile l’impugnazione della Dda, contro la sentenza del Tribunale di Avellino, che aveva disposto la trasmissione gli atti alla Dda di Napoli per un nuovo capo di imputazione. Nell’ordinanza emessa dal tribunale di Avellino, il 27 apile scorso, i giudici hanno riconfigurato l’organizzazione, coinvolta nel caso delle aste, come un’entità autonoma, sottolineando le condotte tipiche del reato 416 bis del Codice Penale, compreso il ruolo di “Antistato” e l’attuazione di estorsioni ambientali. Una ricostruzione diversa dall’impianto accusatorio portato avanti in questi anni dalla procura antimafia. Una modifica sostanziale, perché dopo la lettura dell’ordinanza i giudici hanno rinviato gli atti del processo alla procura antimafia per la riqualificazione delle accuse principali. E alla luce delle ragioni contenute nel dispositivo le esigenze di custodia cautelare, che erano abbinate alle precedenti ipotesi di reato contestate, sono venute meno e per questo i giudici hanno scarcerato e rimesso in libertà ggli imputati.

Da qui il ricorso, promosso dal pm Henry John Woodcock e sostenuto da tutto l’Ufficio di Procura, compreso il Procuratore Nicola Gratteri e che riguarda gli otto imputati, che sono stati scarcerati dopo la decisione del Tribunale di Avellino .Un ricorso nei confronti di cinque persone giuridiche (le società riconducibili agli indagati) e otto imputati (regrediti di nuovo ad indagati dopo l’ordinanza emessa dal tribunale presieduto dal giudice Roberto Melone): Nicola Galdieri, Carlo Dello Russo (questi due in carcere per la condanna inflitta per il processo Nuovo Clan Partenio), Livia Forte, Armando Aprile, Antonio Barone,Gianluca Formisano, Damiano Genovese e Beniamino Pagano tutti scarcerati per effetto della decisione adottata dal Tribunale di Avellino all’esito di una camera di consiglio durata 24 ore e di un’istruttoria dibattimentale durata due anni e mezzo.

Nell’impugnazione il pm Woodcock aveva evidenziato come la decisione del Tribunale di Avellino fosse affetta da “abnormità strutturale e che avesse assunto le caratteristiche di una vera e propria sentenza di condanna, superando i limiti consentiti”.

Ora bisognerà attendere le motivazioni della decisione dei magistrati della corte di Cassazione. Intanto il processo torna alla fase di partenza con la Dda, che dovrà rifare gli avvisi di conclusione delle indagini e richiesta di rinvio a giudizio, fase in cui gli indagati potranno scegliere anche riti alternativi.

Intantobil  tribunale del Riesame di Napoli (ottava sezione presieduta dal giudice Capozzi e composta dai magistrati Ruggiero e Consiglio) ha confermato il sequestro bis disposto dalla DDA di Napoli (pm Henry John Woodcock e Simona Rossi) nei confronti dei componenti un’organizzazione malavitosa avellinese, denominata “il clan delle aste”, la cui esistenza è stata sancita lo scorso 27 aprile dal Tribunale di Avellino con una sentenza.

Ai sigilli, apposti dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, si erano opposti quattro legali componenti il collegio difensivo: gli avvocati Villani, Furgiuele, Taormina e Botti. Si tratta della reiterazione di un sequestro già operato dai finanzieri su delega della Procura antimafia partenopea nei confronti degli indagati Armando Aprile, Gianluca Formisano, Antonio Barone e Livia Forte. Sulla base di questa nuova sentenza, quindi, restano sotto sequestro 70 immobili, 26 terreni, 6 società, 3 autoveicoli e quasi 600 mila euro.

 

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