Segregata in casa, confermata in Cassazione la condanna per i due genitori carcerieri di Aiello del Sabato

 Segregata in casa, respinto dalla Cassazione il ricorso presentato dalla difesa dei due genitori di Aiello del Sabato, rappresentata dall’avvocato Francesco Buonaiuto. I due genitori -Maria Guarriello e Giuseppe D’Amore sono stati condannati in primo e secondo grado per sequestro di persona, maltrattamenti in famiglia e tortura. Condotte poste in essere nei confronti di una delle figlie della coppia, colpevole di portare il nome della nonna. Confermata la condanna a 12 anni e 4 mesi per la madre  e a 10 anni di reclusione per il padre

I giudici di secondo grado, i magistrati della IV Sezione Penale della Corte di Appello di Napoli avevano riformato la sentenza di primo grado riducendo a 12 anni e 4 mesi di reclusione la condanna irrogata alla madre,  e a 10 anni di reclusione per il padre,  verosimilmente accogliendo una questione di diritto posta dal difensore dei due coniugi, Il 9 febbraio del 2023, il gup Francesca Spella all’esito del rito abbreviato, aveva condannato a 14 anni di reclusione la madre e a 12 il padre.

Il giudice di primo grado li aveva assolti dalle accuse di istigazione al suicidio con la formula “non costituisce reato” e riconobbe al padre l’attenuante del vizio parziale di mente.    due genitori  entrambi di Aiello del Sabato, dovevano rispondere dei reati di tortura, maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona, lesioni gravi e gravissime ed istigazione al suicidio ai danni della figlia convivente erano stati contestati anche il reato di tortura e lesioni gravissime per aver sottoposto la figlia ad un trattamento disumano e degradante, e per aver agito con crudeltà nei confronti della medesima. In particolare, al padre era stato contestato il concorso omissivo in quanto, pur nella consapevolezza delle condizioni in cui versava la figlia che aveva l’obbligo giuridico di tutelare, ometteva qualsiasi intervento a tutela della stessa.

La ragazza, rinchiusa praticamente dal 2018, quando aveva tentato la fuga era stata ritrovata e rinchiusa dalla madre, senza che nessuno dei familiari si potesse opporre. Minacce al padre e agli altri fratelli di cacciarli di casa. Un racconto dell’orrore quello raccolto nelle quattordici pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip del Tribunale di Avellino Marcello Rotondi, che aveva disposto l’arresto nei confronti della mamma-carceriera della ventunenne, che era diventata la sua aguzzina. Prima costretta a fare da serva in casa, senza potersi lavare, poi dalla maggiore età le catene. La sua unica colpa, almeno dalle dichiarazioni della stessa vittima e della sorella era quella di portare il nome dell’odiata nonna paterna. Stando agli accertamenti dei carabinieri, la ragazza era tenuta legata con una catena a una ringhiera delle scale interne dell’edificio o al proprio letto. Fu la sorella della vittima a non poterne più, e a denunciare il caso. Le indagini, svolte dai Carabinieri della Compagnia di Solofra con il supporto di personale specializzato del Comando Provinciale, hanno permesso di ricostruire, una storia di vessazioni e maltrattamenti fisici messi in atto da anni dalla 47enne nei confronti della figlia. Legata al letto con due catene strette alle caviglie e ai polsi, chiusa all’interno della camera al buio per tutto il giorno senza la possibilità di consumare i pasti insieme agli altri familiari e quando ciò avveniva, consentendoglielo solo e sempre in piedi, mangiando una sola volta al giorno a cena, quello che avanzava dal pranzo degli altri.  Ma il quadro delle sevizie per la 21enne non era finito qui.  La 21enne sarebbe stata vittima di tentata violenza sessuale da parte dei due fratelli. La vittima delle violenze, insieme alla sorella minore, si trovano tuttora in una località protetta mentre gli altri figli minori della coppia sono stati affidati ad una casa famiglia.

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