Capitan Puleo, duecento volte Avellino

Capitan Puleo, duecento volte Avellino

Duecento ma non le dimostra. Simone Pu­leo si confessa sulle colonne del Corriere dello Sport. Ha 31 anni ma è uno dei giocatori con più lunga mili­zia nella storia calcistica avellinese. Duecento presen­ze domani, in coincidenza col ritorno dell’Avellino nel cal­cio professionistico. Un tra­guardo che il capitano ha for­temente voluto, accettando di giocare in D col fermo pro­posito di restituire alla tifo­seria la dignità perduta attra­verso il fallimento e la scom­parsa dalla mappa calcistica nazionale.
Ripartito con una nuova società (ora si chiama A.S. Avellino) rispetto a quel­la gloriosa di Unione Sporti­va Avellino, il club vuole tor­nare nel calcio che conta.
E Puleo vuole partecipare all’impresa.
«Questo traguardo mi inor­goglisce. Arrivai nell’estate del 2000, ero ventenne, mai avrei immaginato di restare 10 anni. Avevo giocato due anni nel Foggia, vincendo pure un campionato, ma le soddisfazioni più belle le ho vissute qui».
Duecento volte con l’Avel­lino: quale è stato il momen­to più bello? «A Crotone: mancava un’ora all’inizio dello spareg­gio per la promozione in B. Mi affacciai dallo spogliatoio e vidi diecimila tifosi del­l’Avellino sugli spalti dello ‘Scida’. In quel momento ca­pii cos’è il calcio per questa tifoseria e piansi come un bambino».
Promozione in B con quel­la partita decisa da una rete di Sasà Marra, il suo attuale allenatore.
«E’ pure l’allenatore col quale abbiamo vinto lo scor­so campionato anche se poi c’è stato il ripescaggio. Fare 37 punti nel girone di ritorno è come avere ottenuto il sal­to di categoria sul campo, an­zi di più».
La 100ª presenza senza una medaglia: l’Avellino sta­va vivendo la mortificante retrocessione dalla B con Ze­man in panchina.
«C’era poco da festeggiare ma non è stato quello il mo­mento più brutto». Zeman ha ricordato che quell’anno si retrocesse per colpa dei tifosi. Condivide?
«Non è corretto né leale addossare le responsabilità su altri. Quando si vince o si perde i meriti e le colpe sono di tutti, da Zeman a Puleo, dal dirigente all’ultimo im­piegato. Ma il tifoso cosa c’entra? Solo perchè ha fi­schiato in occasione di una partita vinta? Vorrei vedere: eravamo già morti e seppel­liti da tempo, con un record assoluto negativo di punti, c’era poco da applaudire».
Qual è stato, invece, il mo­mento che ricorda con ama­rezza?
«Quando fui ceduto al Cro­tone per contrasti che voglio dimenticare. Lasciai l’Avelli­no piangendo ma sapevo che sarei tornato».
Tornò in tempo per riac­compagnare nuovamente l’Avellino in B nello spareg­gio contro il Foggia in cui giocava tra i pali Marruocco, ora suo compagno di squa­dra.
«Nel calcio ci si ritrova sempre. Vincenzo è venuto per vincere finalmente un campionato, visto che gli è riuscito poche volte», sorride il capitano che, pure essendo nato il 2 novembre (il giorno dei Morti), trova sempre la battuta giusta.
Quando durerà questa nuova avventura con l’Avel­lino?
«Conto di restare qui fino a quando l’Avellino non sarà tornato nel campionato che merita. Credo che tre o quat­tro anni, al massimo, baste­ranno », assicura con reali­smo Puleo, felicissimo per la targa che gli sarà consegna­ta prima della gara contro il Milazzo…

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