Anche in Irpinia Idv dice no al federalismo fiscale

L’Italia dei Valori ha una posizione nota da sempre: no al federalismo a tutti i costi, sì a un federalismo solidale e sostenibile. «Quella che si profila all’orizzonte, afferma il coordinatore provinciale Vincenzo Lippiello, è una riforma federalista ingiusta e iniqua che, se dovesse essere attuata, penalizzerà fortemente il Sud. Una riforma che, così com’è stata concepita, porterà paradossalmente ad una riduzione dell’autonomia degli Enti locali e causerà, soprattutto nel Mezzogiorno, un aumento delle tasse per i cittadini e una riduzione dei servizi erogati, nei loro riguardi, da Comuni e Province». Il federalismo fiscale vero latita. Quello demaniale non ha ancora dato luogo ad alcun trasferimento di beni dello Stato agli enti locali. Il federalismo municipale, quello che non ha avuto l’approvazione della Bicamerale con le note vicende che ne sono seguite, andrà di nuovo in discussione in Parlamento nelle prossime settimane. Incontrerà l’opposizione di Italia dei Valori anche nel merito, poiché non persegue nessuno degli obiettivi virtuosi che noi vogliamo e cioè responsabilizzazione degli amministratori e riduzione del carico fiscale ai cittadini. Anzi provocherà sicuramente un aumento tra il 20 e il 50% dell’Ici (che cambierà nome in Imu) per piccole imprese, artigiani e commercianti. Si mettono nuovamente le mani nelle tasche della gente, che invece di pagare meno tasse e vederle spese nel proprio comune, avrà sempre meno servizi. Noi di IdV – afferma il coordinatore provinciale Lippiello- nel federalismo fiscale,quello serio,ci crediamo davvero,lo vediamo come uno strumento straordinario per moralizzare la spesa e responsabilizzare i pubblici amministratori, in modo che i cittadini sappiano e controllino come vengono spesi e cosa si fa con i loro soldi. La riforma toglie ancora più autonomia ai comuni e centralizza ancora di più nella mani dello Stato le scelte tributarie. Non c’è nessuna possibilità di controllo degli elettori sugli eletti in quanto non si è scelta la strada trasparente d’istituire un’unica imposta comunale, nella quale far confluire tutte le entrate dei comuni, ma, al contrario, si è accentuato l’attuale spezzatino, per cui ai comuni spetteranno compartecipazioni in decine d’imposte statali, senza che i cittadini possano minimamente capire quanti soldi ha incassato il comune e come li ha spesi. Ma non basta. L’Ici sulle attività produttive (cambia il nome in IMU ma non la sostanza) raddoppia e sulle seconde case aumenta, e di molto. L’addizionale Irpef aumenta. In più viene introdotta una tassa di scopo, che ogni comune potrà applicare, come e quando vorrà. Viene introdotta una nuova tassa di soggiorno e così il turismo italiano, che sconta la fiscalità più punitiva d’Europa, verrà ulteriormente penalizzato. Gli unici a venire avvantaggiati sono i proprietari immobiliari, ma non quelli proprietari della casa in cui vivono,non quelli che stanno ancora pagando i mutui, bensì solo quelli che ne hanno tante altre e che le affittano, e che su questi redditi non pagheranno più l’Irpef, ma un’imposta fissa del 21%. Insomma si penalizzano le attività produttive e si premiano le rendite socialmente improduttive. Qualcuno potrebbe obiettare che quasi tutti gli aumenti d’imposta sono facoltativi e che i comuni potrebbero decidere di non applicarli. Peccato però che, con la manovra finanziaria del 2010, lo Stato abbia tagliato ai comuni fondi per 6 miliardi di euro solo nel 2011. Sicché i comuni, se vorranno chiudere i bilanci e non presentare i libri in tribunale, gli aumenti d’imposta avranno bisogno di usarli tutti, fino all’ultimo. Ecco, in sintesi, in cosa consiste l’imbroglio che chiamano federalismo. In attesa di tutto questo – conclude Lippiello – il governo ha pensato bene di inventarsene un’altra. Nel decreto cosiddetto Milleproroghe ha inserito un emendamento che permette a chi ha subito catastrofi naturali (terremoti, inondazioni, alluvioni, eruzioni, frane ecc.) di aumentare le tasse ai cittadini per finanziare gli interventi per la ricostruzione. In pratica una sorta di federalismo regionale delle disgrazie. In altri termini, solo per citare i casi più recenti e cioè il terremoto dell’Aquila, le alluvioni di Veneto, Piemonte e Liguria, le relative Regioni potranno (cioè dovranno) aumentare le tasse (le addizionali, le addizionali regionali e anche l’imposta regionale sulla benzina “fino ad un massimo di cinque centesimi per litro”) ad abruzzesi, veneti, piemontesi e liguri. Ma la solidarietà nazionale dove è finita? Eppure essa dovrebbe essere alla base del contratto sociale della convivenza civile. E’ davvero un modo singolare di festeggiare i 150 anni di unità nazionale.

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