Crisi trasporti in Irpinia, Mitrione punta il dito contro Vetrella

“In questi ultimi mesi si sta tanto parlando dei tagli al trasporto pubblico locale in una provincia quale quella irpina dove il trasporto su gomma è “quasi” l’unico vettore ad essere riconosciuto tale. Dico “quasi” perché il trasporto su ferro è stato da sempre considerato “figlio di un dio minore” in quanto le scelte che hanno determinato il predomino della gomma, specialmente nel Sud dell’Italia, sono state dettate da logiche clientelari e non rispondenti a nessuna logica di integrazione fra i diversi vettori”. E’ quanto afferma Pietro Mitrione di In Loco Motivi in merito ai provvedimenti adottati dall’assessore ai trasporti della Regione Campania, Sergio Vetrella, che penalizzerebbero fortemente il sistema del trasporto pubblico locale.
“Oggi – prosegue – se ne pagano le conseguenze! Il rischio della paralisi nel campo della mobilità è ormai reale. Una paralisi che nelle nostre zone interne assume la dimensione della desolazione e dell’abbandono come è accaduto per il comparto ferroviario. In ogni angolo della nostra Irpinia il problema della mobilità sta diventando il problema quotidiano di migliaia di persone aggravato ancor di più dalla mancanza di valide alternative dal momento che si è sempre avallato una politica dei trasporti che ha relegato il trasporto su ferro a livelli marginali. Una constatazione che ogni politico dovrebbe rimodulare con spirito critico e con l’assunzione di una conseguente responsabilità perché un territorio sprovvisto di valide infrastrutture ferroviarie ha poco spazio da rivendicare nella costruzione delle gerarchie territoriali. “Il treno si ferma in stazioncine senza capostazione, senza biglietteria.
Alcune sono murate, altre distrutte dai vandali. Sempre i banditi? No, la globalizzazione. Sono i rami secchi, potati dai governatori dei flussi. In burocratese si chiamano stazioni impresenziate, astuto eufemismo per mascherare lo smantellamento. La fine dei territori comincia così, col bar e la panetteria che chiude , poi con le stazioni del silenzio. Sento che comincia il viaggio in uno straordinario patrimonio dilapidato”. Si tratta di un brano tratto dal libro di Paolo Rumiz: l’Italia in seconda classe.
Una descrizione che calza perfettamente alla nostra Irpinia dove siamo costretti a sommare, quotidianamente, chiusure a chiusure quali: scuole, ospedali, tribunali, uffici postali, fabbriche ed quant’altro fa di un territorio una terra dove valga la pena vivere. Sembra di effettuare un viaggio a ritroso nel tempo, un ritornare agli anni bui del vivere civile nella nostra terra: scuole con pluriclassi, ospedali irraggiungibili per la povera gente, trasporti pubblici rarefatti, l’idea dell’industrializzazione che si allontana. Un territorio per antasmi viventi. Una sensazione, ben narrata da Marco Ciriello con un suo articolo apparso sulla stampa locale qualche mese fa: la città dei treni verso il vuoto. Si tratta della descrizione della stazione della nostra città ma potrebbe valere tranquillamente anche per l’altra città maggiore dell’Irpinia: Ariano, dove si sta creando un movimento di protesta per evitare l’oblio di quella stazione.
Per chi ha sempre lavorato lealmente nel mondo delle ferrovie e creduto fortemente al suo ruolo di civiltà e progresso l’affermazione espressa da Ciriello: “quando si svuota una stazione dai treni, ai binari – che hanno scarsissimo senso d’intraprendenza e sono individualità di una sola funzione- rimane poco da fare” è sconvolgente. Non avevo mai immaginato un simile scenario per la “mia”e nostra stazione, quella stessa che ha subito la presenza nefasta di una industria, l’Isochimica, che con il suo amianto sta avvelenando le vite di tante persone. Tanti manufatti furono realizzati per permetterle di essere funzionale allo sviluppo industriale del nostro territorio: il raccordo ferroviario per la FMA e la Novolegno, quello per il nucleo industriale di San Mango.
Tutto buttato via insieme alla chiusura della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta. Eppure è necessario ancora parlarne in positivo perchè il progresso, quello con la P maiuscola, ha bisogno di queste strutture nonostante che nell’attuale contesto economico sembri paradossale parlare di rivitalizzazione di questa vecchia ferrovia irpina, di ridarle nuova vita mentre si chiudono ospedali, trasporti e fabbriche ed è a rischio il quotidiano di ognuno di noi. Eppure è proprio questo il momento in cui si deve investire e rischiare in percorsi completamente diversi da quelli battuti fino ad oggi, e questo, credo, per due motivi: prima perché se i percorsi di sviluppo economico battuti fino ad ora non hanno portato a nulla forse è il momento di intraprenderne di nuovi e poi perché, oggi, una nuova strada potrebbe restituire speranza ad un territorio che sembra destinato a non averne più e…..in questo caso non sarebbe più la “città dei treni a correre verso il vuoto” ma la nostra Irpinia”.

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