Altavilla irpinia, il sindaco Vanni: “Crisi idrica, sbagliato incolpare la Regione”

“I disservizi non possono essere addebitati alla regione, siamo seri ognuno si assuma le proprie di responsabilità ma forse quelle maggiori sono dei responsabili di una gestione a dir poco discutibile”. Inizia così la nota del primo cittadino di Altavilla irpina Mario Vanni.

“Essere chiamati a discutere durante i mesi dell’emergenza dopo aver fatto per mesi come la cicala e la formica fingendo di non sentire gli appelli e le proposte formulate in tutto il resto dell’anno è una autentica beffa. Se c’è oggi carenza di acqua, chiediamo perché non si valuta l’ipotesi di messa in rete di una significativa sorgente locale (stimata in 12 L/S e cioè metà del fabbisogno della popolazione locale) che esperti della società da sempre hanno ritenuto sfruttabile poiché idonea anche ad eliminare voci di bilancio come costi di energia elettrica e costi per acquisto acqua da terzi? Perché nonostante uno specifico deliberato del CDA ancora non si provvede a sostituire il tratto di condotta Grottolella Altavilla in modo da condurre al serbatoio cittadino acqua a gravità e cioè senza consumi energetici?”

“Dopo quattro anni di gestione oltre al palleggiamento delle responsabilità tra regione e passato siamo stanchi di ascoltare favole e cattiverie gratuite? Quando arrivano i risultati? Nella strategia di qualcuno si arriva a riesumare un cadavere come l’ATO, un organismo che oramai abolito dalla legge regionale di settore, per mettere in relazione la carenza di piogge con la gestione unitaria del servizio. Tuttavia, in una nota dell’Ato emerge la implicita affermazione di una incapacità gestionale sul territorio di riferimento che per qualcuno è possibile colmare con l’affidamento del servizio idrico ad un nuovo soggetto. Ergo il problema è la gestione non la disponibilità della risorsa. Analizzando i dati disponibili, infatti, emerge chiaramente come i disservizi sul territorio non sono una conseguenza della carenza di precipitazioni ma di altre, più gravi, carenze”.

“Considerato, infatti, che il consumo medio di acqua in Italia è di 241 litri/giorno per abitante e che la popolazione servita è di 460.000 abitanti per le due province, ciò significa che per una portata media stagionale di 2.300 l/s vengono erogati 440 litri/giorno per abitante che rappresenta una differenza, rispetto al fabbisogno medio italiano, eccessiva per essere considerato normale consumo. L’acqua immessa in rete è costante (2.380 l/s circa) dal 2015 per cui da cosa dipendono i continui disservizi? Evidentemente se l’acqua c’è ma non arriva a destinazione vuol dire che si perde per strada. Difatti se le attività di riparazioni delle perdite registrano una riduzione stimata intorno al 30% per gli anni 2016/2015 e non si contiene il fenomeno dei cosiddetti flessibili/tronchetti che interesserebbe un numero consistente di utenti che stanno ancora in attesa di contatore dalle gelate invernali i conti tornano, purtroppo”.

“Ecco forse quel è il vero motivo per cui l’acqua non arriva ai serbatoi dei comuni e quindi alle case degli utenti. Crediamo francamente poco alla favola dell’emergenza è come quella delle consulenze legali che in solo pochi anni si sono triplicate rispetto al passato. Ma queste informazioni, come altre, non sono facilmente reperibili sul sito della società ne vengono trasmesse ai comuni soci che dovrebbero svolgere su di essa il controllo analogo anzi paradossalmente si fa di tutto per nasconderle tanto che si arriva al paradosso di commissionare un parere legale per supportare la possibilità di eludere gli adempimenti sulla trasparenza. Ma perché chiudersi a riccio? Perché un ente pubblico arriva al punto di mettere in discussione la sua natura di soggetto pubblico pur di impedire la conoscenza di ciò che fa? Perché un soggetto pubblico non vuole rispettare le procedure relative agli affidamenti dei lavori e dei servizi? Perché un soggetto pubblico si rifiuta di utilizzare le procedure pubbliche anche nella gestione delle risorse umane esistenti?”

“Perché si commissiona un parere legale contrario alla convenienza dei sindaci soci che richiedono la pubblicazione di tutti gli atti della società sul sito come avviene per i comuni. Alla regione sarebbe meglio chiedere un intervento diverso, un intervento diretto nella gestione della società e la legge regionale 15 del 2016 fa delle aperture in tal senso per le società cosiddette in house. Forse la guida di dette società dovrebbe essere di indicazione regionale come avviene per le ASL al fine di consentire l’unione vera dei territori e il superamento del pietoso spettacolo della contesa politica che porta lontano anni luce dalla realtà e dalla concretezza. Altrimenti continueremo nel vano tentativo di cavare il sangue dalle rape”.

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