Bisogna chiarire un concetto: l’Avellino calcio non si può vendere finché l’amministratore (adesso Iuppa, dopo le dimissioni di De Cesare) non informi i commissari e per essi il tribunale della volontà di vagliare le offerte pervenute.
Ovvero, il concordato in bianco presentato paralizza, per sessanta giorni, l’attività del Tribunale in quanto ogni e qualsiasi iniziativa è rimessa alla volontà degli amministratori della società.
Al momento, nonostante la presentazione di ben tre offerte, nell’ultima settimana, la Sidigas non ha avvertito, in alcun modo, i commissari, non li ha resi edotti delle suddette offerte avanzate, anche di rilevante valore ed anzi gli amministratori hanno provato, in tutti i modi, ad eludere i tentativi di confronto con le autorità nominate dal tribunale.
Al momento sorgono due enormi problemi che pongono fortemente a rischio la sopravvivenza stessa dell’Avellino calcio.
TEMPISTICA
Il primo problema è la tempistica.
Seppure il patron De Cesare (o chi per esso) decidesse di accettare una tra le offerte raggiunte, dovrebbe ricevere l’autorizzazione del Tribunale per la vendita, in quanto atto di straordinaria amministrazione.
Il Tribunale sarebbe costretto a procedere alla pubblicazione di una procedura competitiva, per accertare se l’offerta vagliata sia la migliore.
A norma dell’art. 163bis L.F. tale procedura ha una durata minima di 40 giorni, tanti, troppi per un sodalizio che rischia di scomparire tra sei giorni.
Questo rende impossibile la vendita della società.
In ogni caso, la situazione resterà paralizzata per altri 40 giorni (termine per la presentazione del piano) e comunque fin tanto (metà agosto) non saranno decorsi i termini per la redazione della prima relazione periodica ex art. 161 L.F
Anche in questo caso, troppo tempo per l’Avellino che – se non provvederà a recuperare i nominativi per le figure apicali entro il 31 luglio – sarà sanzionata dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio ed, in ultimo, esclusa dalla competizione.
VOLONTA’
Secondo problema, la volontà di non cedere di De Cesare.
La suggestione di De Cesare che appronti la squadra è ridicola.
In primo luogo, De Cesare ha subito un pignoramento per equivalente sui propri beni che non gli permette di smobilizzare denaro per cui, se avesse intenzione e capacità di immettere soldi contanti, questi sarebbero appresi dalla Procura e acquisiti al pignoramento, effettuato per otto milioni, non certo immessi nell’Avellino calcio.
Quanto alla Sidigas, non c’è un euro a disposizione per il calcio.
Si ricorda che ogni disposizione patrimoniale della società capogruppo deve essere autorizzata dal Tribunale che non lascerebbe mai sviare denaro dalla capogruppo, con una debitoria presunta di 80 milioni di euro, verso una società sportiva che, per il concordato, è e resta solo un buco nero dove perdere denaro.
Non è una questione sentimentale, quanto economica.
I commissari devono cercare di salvaguardare un’impresa che ha una funzione pubblica, duecento dipendenti e contratti con enti e comuni e questa priorità contrasta con ogni erogazione di denaro non strettamente necessaria alla sopravvivenza della Sidigas.
SPONSOR
Rimane il finanziamento di un soggetto terzo quale sponsor che debba garantire, presumibilmente, tra i due e i tre milioni per la sopravvivenza della società sportiva.
Ma il dubbio è, in primo luogo, chi oggi comprometterebbe la propria reputazione con il nome di De Cesare, tanto vituperato dalla magistratura?
Allo stesso modo, se si trovasse qualche pazzo cireneo, si è sicuri che, il giorno dopo la sponsorizzazione, la Procura aprirebbe un fascicolo per acquisire notizie sul finanziatore e capire l’origine dei fondi.
Dunque, almeno che si tratti di un prestanome facilmente riconoscibile, si dubita che qualcuno oggi possa investire nell’Avellino.
Per cui grazie alle manovre e strategie di De Cesare, al suo silenzio ingiustificato, un’altra pagina amara di non calcio si sta per scrivere ad Avellino.
STRATEGIE E GIUSTIFICAZIONE
Non si capisce l’atteggiamento del patron napoletano, che oggi si è dimesso dalla carica di amministratore delegato dell’US Avellino: c’è chi ritiene lo abbia fatto per alleggerire la sua posizione nei confronti della Procura, eliminando il rischio di reiterazione del reato (che porterebbe a possibile misura cautelare), non avendo più potere decisionale, almeno ufficialmente.
Cosa ha intenzione di fare dell’Avellino calcio il De Cesare?
Si può solo pensare che voglia tenere appesa alla corda, per poi definitivamente strangolare le aspettative della piazza, in una sorta di muoia Sansone con tutti i filistei che non gli fa certo onore.
Anche perché, si ricorda, in caso di default le alternative rimarrebbero:
1 – tifare per il San Tommaso, gloriosa compagine di rione
2 – ricominciare dall’Eccellenza, ovvero dire addio al calcio irpino.
Questo è il famoso stile Sidigas di cui si vantava tanto la dirigenza – Mauriello in primis – solo tre mesi or sono?