De Cesare ha ammazzato la Scandone? E chissenefrega, pensiamo al calcio

Vi riproponiamo l’articolo pubblicato il 24 luglio 2019 da Irpiniaoggi: è trascorso un mese.

Il contenuto resta attualissimo

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Gianandrea De Cesare ha ammazzato la Scandone? E chissenefrega.

Tutto normale, nessuna protesta scomposta, qualche critica attraverso i social, un buffetto sulla guancia nei confronti di chi ha provocato questo delitto. Niente di più.

Possibile che nessuno se ne freghi? Che nessuno urli in modo civile la propria indignazione?

Nessuna istigazione alla violenza, per carità, ma quelli che smanettano sui social, non trovano tempo e parole per esprimere i propri pensieri poetici su questa amara conclusione?

Ma è civiltà o masochismo?

Neppure il Sindaco che ha preso 20mila euro dal suo salvadanaio per tentare di evitare questo scempio, parla di questo delitto?

Ma lo sa Gianluca Festa che quei soldi li ha perduti veramente oppure pensa di recuperarli attraverso la questione calcio e il suo sponsor D’Agostino?

STACCARE LA SPINA

Distruggere la Scandone è stato normale per la Sidigas e chi la rappresenta, ovvero il patron dalla faccia d’angelo e i suoi leccapiedi sempre presenti nelle foto e nelle gestioni allegre.

Per De Cesare e i suoi letturisti, eliminare la Scandone dalla serie A, è stato come staccate un’utenza del gas, un contatore, magari senza pensare ai problemi della famiglia rimasta senza riscaldamento.

Chissenefrega, l’importante è che vanno bene i cavoletti nostri: questo è il pensiero dei De Cesare’boys.

Ammazzare la passione di una tifoseria che, negli anni, s’è sempre più innamorata di uno sport emozionante, è stata una cattiveria oltre che un delitto, qualcosa di grave e inammissibile.

Eppure nessuno s’indigna, pochi si arrabbiano, molti se ne fregano.

L’importante è che venga salvato il calcio, dicono in tanti.

Per fare la stessa fine del basket?

Allora meglo farla finita subito, staccare la spina.

PURE IL CALCIO?

Proviamo a immaginare se la stessa cosa avvenuta per il basket si fosse concretizzata per il calcio.

Contestazioni a non finire, manifestazioni di piazza, polemiche e accuse, amici degli amici a difendere il patron, nemici giurati a offenderlo.

Potrebbe succedere tra qualche giorno, attenzione…

Intanto si pensa al calcio, alle pec, alla gestione dei commissari nominati dal giudice, ora tutti diventano esperti di diritto fellimentare, di pratiche burocratiche, ognuno bravo a parlare, a proporre ricette e indicazioni per salvare il calcio.

E il basket?

Possibile che non interessi quanto avvenuto per la Scandone?

Dicono: ma in questi anni De Cesare ci ha fatto vedere la serie A e portato la squadra in Europa.

MA QUALI TROFEI?

Vero in parte, perchè la serie A c’era già quando è arrivato De Cesare e le uniche vere soddisfazioni con una coppa in bacheca, sono arrivate dirante la gestione di Enzo Ercolino, uno che ha messo i soldi e la salute per il basket, ora dimenticato da tutti.

De Cesare aveva preso la società in serie A e lì doveva lasciarla, era suo preciso dovere, anzichè mortificarla con una autoretrocessione fino alla B.

Questo epilogo è imperdonabile per Gianadrea De Cesare del quale al momento di sono perdute le tracce.

Poteva salvare il basket perchè conosceva i “suoi” problemi, come ne erano a conoscenza i csuoi fidi accompagnatori, i suoi consulenti, i suoi complici.

Sarebbe bastato cedere la società un anno fa, perchè i problemi della Sidigas vengono da lontano, da molto lontano, da un periodo lungo durante il quale molti hanno chiuso un occhio  (anche due) e sui quali la Procura bene farebbe a indagare.

Invece hanno preferito ammazzare il basket e nemmeno si può parlare di parricidio perchè la Scandone non è stato mai un figlio per De Cesare, tanto meno per i suoi collaboratori ma gestire la squadra di pallacanestro.

Mantenere la Scandone in serie A, è stato solo un mezzo per acquisire simpatie, benevolenze e favori, fatturare sponsorizzazioni per la Sidigas, oltre che fare passerella. Del resto, quei soldi non venivano da stenti o sacrifici personali, ora si comincia a capire anche da dove saltavano fuori.

Cedere la società a un prezzo accessibile, sarebbe bastato per salvare il basket.

COMA ASSISTITO

Lo stesso avrebbe potuto fare per il calcio ma quello sport “attizza” eccome se attizza.

Potevano cedere la società a dicembre, durante il periodo di crisi dei risultati, sarebbero andati via da vittime o da eroi, dipende dai punti di vista, magari per colpa di chi contestava la squadra che annaspava in serie D, dei giornalisti criticoni e per questo privati pure dell’omaggio della confezione di vino a Natale

Invece De Cesare e il presidente Mauriello si sono fatti prendere la mano, appassionati al nuovo giocattolo che ti fa sentire importante: si sono sentiti esperti di calcio, entrati nel personaggio, travolti dalla popolarità scoprendo una sorta di fuoco interiore scambiato per passionel.

Tutto quello era semplicemente esibizionismo con pacche sulle spalle, sciarpe al collo, abbracci e baci, adulati e adorati da quelli che odiavano i “tacchini” e che ora finiscono per diventare i “cesarini”. Dove andranno a nascondersi quelli che si sono fatti fotografare con il patron e il presidenton?

Il calcio di porta in alto, è vero, ma ti può anche distruggere.

Ora stanno tenendo in vita il calcio con il respiratore.

L’Avellino è in coma assistito ma De Cesare e i suoi sono pronti a staccare la spina

Come per il basket: ma chissenefrega.

Se tutto va bene, invece, riusciranno a mentenere il calcio in vita ma con qualche malattia, come diceva Tommasino, figlio di Lucariello, leggendo la nota della salute in “Natale in casa Cupiello”.

Che tristezza…

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