Facebook in orario di ufficio, dipendente a rischio licenziamento

foto IPP/imago/wolk 20-02-2014 nella foto lo schermo di un telefono cellulare con l' applicazione whatsapp e il monitori di un cmputer con il logo facebook WARNING AVAILABLE ONLY FOR ITALIAN MARKET

La decisione assunta dalla Corte di Cassazione rappresenta una pietra miliare per quanti fanno uso improprio del social – in particolare di Facebook – per insultare, offendere, denigrare persone ma anche per consultazioni banali, quando queste avvengono durante l’orario di lavoro.

La vicenda riguarda una donna di Brescia ma l’insegnamento vale per migliaia di dipendenti  che  stanno su Facebook per diverse ore, negli uffici – pubblici e privati – di Avellino e provincia.

CONTROLLI E DENUNCE

Dirigenti e datori di lavoro saranno particolarmente attenti, d’ora in poi, circa le abitudini di dipendenti che sottraggono tempo al lavoro per stare su Facebook o per consultare pagine di siti internet.

Potranno licenziare il dipendente attenendosi alla decisione assunta oggi dalla Cassazione.

Pure i destinatari di post offensivi potranno presentare denuncia e chiedere al datore di lavoro di provvedere al drastico provvedimento.

INDAGINI RAPIDE

Non si sfugge alla rilevazione degli accessi, con tanto di orario e tempo di consultazione. Nemmeno vale la giustificazione di avere usato il proprio tablet anzichè il computer dell’ufficio.

Gli smanettatori sono avvisati.

Chi dovesse sentirsi offeso per essere stato da dipendenti che, al momento della creazione del post, risultavano al lavoro, puà immediatamente denunciare l’accaduto.

Sarà semplice per gli investigatori, per gli agenti della Polizia Postale – i cui uffici saranno rafforzati nel numero di operatori – risalire in modo rapido e con esattezza al computer o al cellulare utilizzati.

OFFESE E INSULTI

Nemmeno vale la giustificazione di avere lasciato il pc incustodito perchè – scrive la Cassazione – “gli accessi alla pagina personale Facebook richiedono una password”, cosa che esclude “dubbi sul fatto che fosse la titolare dell’account ad averlo eseguito”.

Scagli la prima pietra chi non lo ha fatto oppure chi non conosce un collega che trascorre un pò di tempo dinanzi al video per leggere commenti e giudizio, mettere un “mi piace”, semplicemente visualizzare pagine di Facebook.

LICENZIAMENTO

Non si può fare. Che si sappia una volta per tutte. Chi dovesse essere beccato con le mani sulla marmellata (pardon, tastiera) rischia il licenziamento.

La vicenda arrivata al terzo grado di giudizio, riguarda una donna che lavorava in un ufficio di Brescia, licenziata per avere fatto uso del computer per consultare Facebook. Decisione confermata pure in appello, avverso la quale i legali della dipendente avevanoproposto ricorso ulteriore.

NESSUNA SCUSANTE

La sezione lavoro della Cassazione ha rigettato il ricorso della lavoratrice: già i giudici di merito – il tribunale e la Corte d’appello di Brescia – avevano dichiarato legittimo il suo licenziamento, sottolineando la “gravità della condotta” della donna, “in contrasto con l’etica comune” e “l’idoneità certa” di tale comportamento “ad incrinare la fiducia datoriale”.

I giudici della Cassazione hanno condiviso la linea seguita nei processi di merito: nessuna “violazione delle regole sulla tutela della privacy”, come sostenuto dalla lavoratrice nel suo ricorso, mentre la riconducibilità alla sua persona della consultazione di siti “estranei all’ambito lavorativo” è stata facilmente riscontrata poichèe gli accessi avvengono attraverso una password di cui è responsabile la titolare, anche nella ipotesi che venga utilizzata da altri.

 

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