Discutibili i criteri con cui Irpiniambiente ha deciso di mettere in
cassa integrazione 107 dipendenti. Le misure di sicurezza sono praticamente inesistenti: ad affermarlo è Vincenzo Mango,
responsabile territoriale della Fiadel.
“A più di due mesi dall’emergenza Coronavirus gli operatori di Irpiniambiente non sono ancora stati dotati dei dispositivi individuali di protezione, essenziali per poter lavorare in modo sicuro.
A tutt’oggi, infatti, agli operatori vengono distribuite mascherine monouso
soltanto per 2 giorni a settimana, il lunedì e il giovedì, con la speranza che nulla accada negli altri 5 giorni.
Ma purtroppo i problemi irrisolti e le stranezze che si registrano nell’azienda sono anche altri e non di poco conto”.
“I vertici della società – prosegue il dirigente della Federazione italiana autonoma dipendenti enti locali – hanno dichiarato l’urgenza di ricorrere alla cassa integrazione per 94 operai e 13 impiegati, dei quali non ci sono stati messi a disposizione l’elenco e le schede delle attività cui erano assegnati.
“Irpiniambiente ha però precisato che sono stati individuati in base alle necessità operative dell’azienda e per arginare il rischio di contagio da Covid 19, tenendo conto che 90 dipendenti risulterebbero, a causa della loro
invalidità, non idonei allo svolgimento delle mansioni. Per queste ragioni, quindi, sarebbero state sospese alcune attività di igiene urbana, come le isole ecologiche.
Ci è stato poi rappresentato che diversi Comuni sono in ritardo nei pagamenti dei servizi.
Ma tra le stranezze che abbiamo riscontrato, spicca il caso di un operaio che negli ultimi 7/8 mesi ha lavorato ininterrottamente oltre l’orario di lavoro per circa 100 ore di straordinario al mese ed oggi si è improvvisamente deciso di metterlo in cassa integrazione.
Sia a noi che al lavoratore piacerebbe conoscerne il motivo”.
Riteniamo – conclude Mango – che soprattutto in una società a totale capitale pubblico, come Irpiniambiente, il unico azionista è la Provincia di Avellino, occorra maggiore trasparenza nella gestione, il massimo rispetto delle norme contrattuali e delle misure di sicurezza.
Sarebbe stato più logico ed equo ricorrere eventualmente in questa fase a turnazioni per la cassa integrazione coinvolgendo tutti i 600 lavoratori, garantendo così il servizio degli operatori ed assicurandogli il 20% della differenza contributiva della integrazione, con la copertura tariffaria.
Non vanno infine trascurati i nodi del mancato pagamento del servizio da parte di alcuni Comuni, che si configurerebbe come una distrazione di fondi, e l’eventuale defalcamento per i contribuenti del costo di servizi non
effettuati.
Nonostante tutto ciò, però, c’è chi non sembra affatto preoccupato di così tante criticità. Sarebbe interessante comprendere come mai”.