Coldiretti: no al raddoppio di aflatossine nella frutta secca |
Coldiretti: no al raddoppio di aflatossine nella frutta secca
Anche la Coldiretti di Avellino contesta la decisione di raddoppiare il contenuto massimo ammissibile di aflatossine tossiche nella frutta secca in commercio nell’Unione Europea. “Si tratta di un provvedimento – afferma il direttore Giuseppe Licursi – che mette a rischio la salute dei consumatori e danneggia gli agricoltori impegnati a garantire la qualità della produzione sia in Irpinia che in tutt’Italia”. Esplodono le polemiche all’indomani del via libera del Consiglio Ue alla proposta della Commissione europea di innalzare i limiti attualmente in vigore in Europa. “In questo modo – aggiunge Licursi – si apre la strada all’arrivo delle nocciole turche che si sono distinte proprio per gli elevati livelli di contaminazione”. Le aflatossine sono tossine prodotte da alcuni tipi di muffe che possono essere presenti in arachidi, nocciole, mandorle e pistacchi che secondo gli esperti hanno effetti potenzialmente cancerogeni. La Coldiretti ricorda che la Turchia è il più grande produttore mondiale di nocciole (78 per cento) con una nocciola su tre utilizzata dall’industria italiana proveniente da questo Paese. “Ma queste importazioni – spiega Licursi – hanno grossi problemi di contaminazione da aflatossine e nei primi nove mesi del 2009 ben 56 partite di nocciole provenienti dalla Turchia sono risultate contaminate” “L’aumento dei limiti – denuncia il presidente della Coldiretti Francesco Vigorita – serve solo a favorire le importazioni di un prodotto di bassa qualità e sicurezza, causando un rischio per i consumatori e un grave problema per i produttori , che subiscono una concorrenza sleale da parte di Paesi dove non solo non si applicano pratiche agronomiche corrette, ma si utilizzano fitofarmaci vietati in Europa. E ciò anche perchè non esiste l’obbligo di etichettatura del prodotto trasformato”. L’Italia è il primo produttore comunitario di nocciole, con 1,1 milione di quintali di prodotto coltivato su 68.000 ettari , seguita dalla Spagna. La produzione – precisa la Coldiretti – è essenzialmente concentrata in quattro regioni: la Campania, il Lazio, la Sicilia e il Piemonte, in zone spesso difficili, collinari, a rischio di dissesto idrogeologico, in cui rappresentano un’ importante voce dell’economia. La Coldiretti sollecita tutti i rappresentanti politici ed istituzionali ad intervenire affinchè venga sovvertita una decisione “pericolosa per i cittadini e negativa per le imprese comunitarie.”