Alla manifestazione LGBT+, che si svolgerà domani a Mercogliano, ci sarà anche un intervento del parroco irpino che si è sempre battuto per i diritti umani e l’inclusività, don Vitaliano Della Sala
Il nome di don Vitaliano Della Sala non ha certo bisogno di ulteriori presentazioni, in provincia di Avellino e non solo. L’attuale direttore della mensa-dormitorio “Don Tonino Bello” di Avellino nonché parroco di Capocastello – l’antico borgo frazione di Mercogliano – è sempre stato al centro del dibattito pubblico, anche nazionale, per le battaglie progressiste che negli anni ha portato avanti, schierandosi ogni volta al fianco degli indifesi e dei discriminati.
Una forma di attivismo non soltanto ideologico, ma concretamente messo in campo, pure attraverso iniziative provocatorie volte a smuovere la coscienza civile. Giusto per citarne una delle più recenti, ricordiamo il presepe che il prete ha allestito lo scorso Natale, in cui la figura di San Giuseppe e del Bambinello erano state sostituite simbolicamente da quelle di un padre e di un bambino siriani, entrambi mutilati dalla guerra.
Già nei giorni scorsi, quelli che hanno accompagnato l’organizzazione del Pride, don Vitaliano ha dimostrato grande vicinanza e supporto ad “Apple Pie: l’amore merita LGBT+” – l’associazione avellinese che ha ideato e creato l’evento – prima partecipando alla conferenza stampa di presentazione e, poi, invitando il presidente di “Apple Pie”, Antonio De Padova Battista, a parlare ai propri fedeli alla fine della messa domenicale che ha celebrato nella chiesa dei “SS. Pietro e Paolo” di Capocastello.
Proprio durante la conferenza, alla presenza della Stampa, don Vitaliano ha dichiarato: «In questi anni anche in Irpinia abbiamo fatto tanti passi in avanti, anche se il cammino è faticoso e tanti altri ne restano da fare. Soprattutto passi culturali, perché l’accettazione o meno delle scelte sessuali dell’altro è un fatto prettamente culturale. Perciò la religione, la politica, la scuola e le associazioni possono e devono contribuire in maniera fattiva a questa crescita delle nostre comunità.
Quanto alla Chiesa, molto è cambiato dopo la famosa frase di Papa Francesco (“Chi sono io per giudicare?”, ndr). Grazie a quella frase è emersa una parte della Chiesa, anche se purtroppo in minoranza, che è aperta all’accoglienza di qualsiasi forma di scelta sessuale o, appunto, culturale. Resta però anche quell’altra parte, che vorrebbe ancora “accendere i roghi”; lo vorrebbe e non lo fa semplicemente perché non esiste più “il braccio secolare” che si presta a fare il lavoro sporco, come funzionava nel Medioevo. Spero che questi due “schieramenti” riescano col tempo a incontrarsi, a parlarsi e a crescere reciprocamente.
Per quanto mi riguarda, io appartengo a una Chiesa progressista, dunque ritengo che anche un tradizionalista debba avere il proprio spazio e la possibilità di esprimersi all’interno della propria Chiesa e comunità. Ecco, non è così dall’altra parte. Ho infatti spesso sentito dire “No, la mia Chiesa è quella fatta solo da persone che la pensano come me”.
Non possiamo progredire e fare passi in avanti finché una parte è aperta all’accoglienza di chiunque e l’altra è totalmente chiusa a chi ha idee diverse. Perciò spero davvero che dal 30 luglio in poi anche nei nostri territori ci si cominci a confrontare davvero su queste tematiche. E il confronto non può fare altro che bene».
E così, alla vigilia dell’Irpinia Pride 2022 – Rivoluzione di Pace – la marcia per i diritti LGBT+ che domani dipingerà dei colori dell’arcobaleno le strade principali della città di Mercogliano – tra le potenti testimonianze di vita, ci sarà anche quella del prete attivista irpino.