Sono passati due secoli dai moti carbonari del 1820, episodio notevolissimo nella storia del Mezzogiorno e centrale per quella di Avellino. L’anniversario non potrà essere ricordato adeguatamente, per l’attuale momento segnato dalla pandemia e dalle conseguenti limitazioni. L’Amministrazione Provinciale che ha la sua sede storica in palazzo Caracciolo, nella piazza dove i carbonari e i cavalleggeri chiesero al re Borbone una costituzione, sull’onda degli avvenimenti spagnoli, ha deciso di esporre uno striscione per ricordare gli eventi di duecento anni fa.
Non esistono tra i cimeli storici bandiere originali con i colori della carboneria, ma essi sono stati rievocati per l’occasione. I colori erano l’azzurro, il rosso ed il nero: l’azzurro della speranza, il rosso dell’impegno, il nero della fede incrollabile. In ricordo dei moti del 1820 ed ancor più dal 1860, quello che era il “Largo di Palazzo” ha cominciato ad esser chiamato “Piazza della Libertà”.
“E’ questa l’occasione per invitare a visitare la Sezione Risorgimento del Museo Irpino presso il complesso monumentale Carcere Borbonico che conserva importanti reperti”, sottolinea il presidente Domenico Biancardi, che ringrazia i consiglieri provinciali Franco Di Cecilia e Rosanna Repole, e il professore Ugo Santinelli.
Presso la Sezione Risorgimento del Museo Irpino sono custoditi cimeli, dipinti, armi, uniformi, bandiere, croci, medaglie, ma in particolare materiale documentario quali giornali, decreti, opuscoli, bilanci, programmi elettorali, lettere, manoscritti. Circa 328 reperti, provenienti dagli archivi Barra, Capozzi, Trevisani e Pironti, raccontano le tappe fondamentali del Risorgimento irpino e nazionale dal 1799 al 1861. La Repubblica napoletana, il decennio francese, i moti rivoluzionari del 1820, i moti del 1848 e l’Unità d’Italia sono le tappe principali del percorso espositivo, in parte cronologico e in parte tematico. Fra i documenti esposti, di forte rilevanza storica sono il Decreto di Giuseppe Napoleone del 1806 con cui si abolisce la feudalità nel Regno delle due Sicilie, l’Atto di accusa per gli implicati nelle rivolte del 1820 e la Costituzione del 1848 promulgata da Ferdinando II di Borbone.