La particolare tenuità dell’offesa e chiarimento della cassazione

“In attuazione della delega al Governo n.67 del 28.04.2014, in materia di pene detentive non carcerarie, è stato introdotto l’art.131 bis c.p. che tipizza una causa di esclusione della punibilità. Tale previsione si colloca nell’ambito dell’accezione che descrive l’illecito penale come fatto offensivo tipico, ovvero come fatto previsto dalla legge come reato e che lede o mette in pericolo il bene giuridico tutelato. Ciò posto, è chiaro che il tradizionale principio di offensività, reiteratamente…

“In attuazione della delega al Governo n.67 del 28.04.2014, in materia di pene detentive non carcerarie, è stato introdotto l’art.131 bis c.p. che tipizza una causa di esclusione della punibilità. Tale previsione si colloca nell’ambito dell’accezione che descrive l’illecito penale come fatto offensivo tipico, ovvero come fatto previsto dalla legge come reato e che lede o mette in pericolo il bene giuridico tutelato. Ciò posto, è chiaro che il tradizionale principio di offensività, reiteratamente invocato dalla giurisprudenza, che ha sino a questo momento incriminato fatti materiali non offensivi, pone l’accento sulla “particolare tenuità dell’offesa” e l’effetto è quello di circoscrivere l’area di punibilità, così da escludersi le condotte che producano un’offesa al bene giuridico particolarmente lieve.
E’ chiaro agli addetti ai lavori, che il concetto di “particolare tenuità dell’offesa” sia differente dall’inoffensività sostanziale, infatti, in quest’ultima ipotesi il fatto è considerato privo di alcun significato offensivo e, conseguentemente, lo stesso reato è escluso.
Con la particolare tenuità al contrario, il bene giuridico tutelato è effettivamente leso o messo in pericolo, tuttavia, in virtù dei nuovi parametri normativi, la medesima deve essere considerata particolarmente lieve. Si verifica in pratica, una tipica fattispecie che lo stesso Legislatore ha ritenuto, per motivi di opportunità, di non punire.
In particolare, la rubrica del novello articolo 131 bis c.p., inquadra l’istituto non già tra le cause di esclusione dell’illecito penale, bensì tra quelle di non punibilità.
Nello specifico, non disquisendo di un elemento costitutivo di reato, che inevitabilmente implica l’accertamento dell’offensività della condotta, ciò che emerge è l’effetto filtro attraverso il quale si determina il momento in cui l’intervento punitivo e la reazione dell’ordinamento sono considerati opportuni. L’accertamento e la sussistenza dell’elemento soggettivo appaiono irrilevanti, atteso che il dolo non necessariamente deve coprire tutti gli elementi costitutivi della fattispecie incriminante, ma esclusivamente quelli che concretizzano l’offensività; allo stesso modo non sarebbe applicabile dunque, nemmeno l’art.59 c.4 cp per erronea supposizione dell’esistenza di tale causa di esclusione della punibilità.
Ad ogni buon conto, è incontestato e suffragato da accreditata dottrina, l’assunto che l’art.59 c.4 cp si riferisca alle sole scriminanti e non già alle cause di esclusione della pena, atteso che la loro inesistenza non rappresenta un elemento negativo del fatto di reato e, contestualmente, la loro erronea supposizione non esclude implicitamente il dolo.
E’ opportuno sottolineare che come recita l’art.131 bis c.p. la disciplina si applica “ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”.
Orbene, ciò posto, appare chiaro come il dibattito si accenda maggiormente allorquando, affrontando la questione di diritto sostanziale, ci si interroghi sulla possibilità di estendere il contenuto della novella a quei reati con soglie di punibilità specifica (come quelli tributari). Ebbene, è prevalente l’opinione di coloro che considerano applicabile l’art.131 bis c.p. anche in caso di lieve superamento della soglia quantitativa espressamente prevista dal legislatore nelle singole figure di reato.
E’ importante chiarire che l’art.131 bis cp ha come presupposto la consumazione di un reato e che, al di sotto della soglia di punibilità, non v’è invece illecito penale; ciò implica che per trovare applicazione anche in ipotesi simili, dovrà avere ad oggetto fattispecie al di sopra della soglia di rilievo penale. Le motivazioni di tale assunto sono da ricercarsi non solo nella necessità di preservare dal rischio di disparità di trattamento, ma anche l’effetto deflattivo dell’istituto potrebbe indurre ad interpretazioni estensive suscettibili di escludere il più possibile la punibilità, riducendo il carico giudiziario.
Ad ogni buon conto, i primi quesiti di applicazione provengono dal Giudice di Pace che rappresenta l’organo giudiziario maggiormente investito delle richieste di archiviazione, per il fatto stesso che i reati di sua competenza sono tutti punibili con pena pecuniaria (in virtù della tabella di conversione delle pene adottata in occasione dell’entrata in vigore del D.Lgs. 274/2000 sulla competenza penale del GdP). Nella disciplina in vigore il GdP, quando agisce in qualità di GIP circondariale, non è tenuto a celebrare l’udienza di discussione in caso di opposizione alla richiesta di archiviazione (art. 2 lett e) del D.Lgs 274/2000 e l’avviso della richiesta di archiviazione ad impulso del PM è previsto solo se nella querela sia stata espressa tale specifica volontà (art. 17, D.Lgs. 274/2000.
Con la novella il PM deve dare avviso della propria richiesta anche alla parte querelante che non abbia espresso tale volontà e ci s’interroga se in caso di opposizione il GDP sia tenuto a sentire la parte offesa e con quali modalità. E’ infatti opportuno realizzare un’armonizzazione delle nuove norme con il dettato dell’art. 34 del D.Lgs. 274/2000 che recita:
1. Il fatto e’ di particolare tenuita’ quando, rispetto all’interesse tutelato, l’esiguita’ del danno o del pericolo che ne e’ derivato, nonche’ la sua occasionalita’ e il grado della colpevolezza non giustificano l’esercizio dell’azione penale, tenuto conto altresi’ del pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento puo’ recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato.
2. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con decreto d’archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuita’ del fatto, solo se non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento.
3. Se e’ stata esercitata l’azione penale, la particolare tenuita’ del fatto puo’ essere dichiarata con sentenza solo se l’imputato e la persona offesa non si oppongono.
E’ chiaro che il contenuto della norma coincide con i criteri indicati nella novella di cui all’art. 131 bis, anche se l’art. 34 pone l’accento sulla valutazione del teorico pregiudizio sulla condizione personale dell’indagato. Il GdP ovviamente deve porre in essere un controbilanciamento con l’interesse della parte offesa alla celebrazione del processo; interesse non meglio specificato ma che, evidentemente, sarà interesse della stessa parte offesa ad estrinsecare.
Il Giudice dovrà pronunciare sentenza di proscioglimento nella sola ipotesi in cui la persona offesa non si opponga.
Impregiudicata la distinzione tra la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 129 c.p.p. e quella prevista dall’art. 469 c.p.p., l’art. 34 permette l’applicazione della tenuità sia nella fase di indagini preliminari che nel dibattimento, inoltre, la nuova disciplina introduce un obbligo per il titolare dell’azione penale di chiedere l’archiviazione o il proscioglimento, al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 131 bis cpp. E’ quindi prevedibile che il PM sia sollecitato dalla difesa a detta richiesta o che la difesa stessa ne chieda l’applicazione, trattandosi di un trattamento più favorevole dell’imputato.
Appare lapalissiano che la logica dell’istituzione del Giudice di Pace e la contestuale attribuzione di una competenza anche penale, risponda ad una ratio legis che renda il processo più semplice e spedito, qualifiche che, tuttavia, mal si conciliano con la ripetizione pedissequa delle stesse norme valide per il Tribunale, comunque valide ed applicabili in mancanza di espressa disciplina della legge speciale. In sede di prima applicazione, pertanto, sembra doveroso concludere che il Giudice di Pace continuerà a non celebrare l’udienza di discussione, in sede di indagini preliminari, per la decisione sull’opposizione della parte offesa alla richiesta di archiviazione del PM (per l’esplicita inapplicabilità disposta dall’art. 2 lett e).
Non sussiste un obbligo per il Giudice di Pace di convocare la parte offesa se quest’ultima non ha espresso dissenso in ordine alla richiesta di archiviazione del PM, né nella fase preliminare né nel dibattimento, a condizione che sia stata regolarmente avvisata.
Non è sostenibile un diritto di veto della parte offesa alla pronuncia di proscioglimento ex art. 469 c.p.p. e il Giudice di Pace conserva il proprio potere di valutare e controbilanciare gli interessi contrapposti in ordine alla istanza di proscioglimento per particolare tenuità dell’offesa, allo stesso modo con il quale si valutano le condotte riparatorie di cui all’art. 35 del D.Lgs. 274/2000.
E’ dei giorni scorsi inoltre (16 Luglio), la pronuncia chiarificatrice delle S.U. che ha affrontato la questione:< Se nei procedimenti davanti al giudice di pace, la mancata comparizione della persona offesa in udienza equivalga a manifestazione della volontà di non opporsi alla dichiarazione di improcedibilità dell’azione penale per la particolare tenuità del fatto>, affermando, sulle conclusioni difformi del Procuratore generale, che “la persona offesa che non compare innanzi al giudice di pace “consente” al riconoscimento della particolare tenuità del fatto”, così dando un contributo significativo all’effetto finalmente deflattivo del processo davanti al GDP”. E’ quanto si legge nella nota dell. Avv. Tiziana Tomeo, presidente di Cammino.

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