Privatizzazione acqua, Fierro scrive alla Cisl

Privatizzazione acqua, Fierro scrive alla Cisl
Scontro sulla questione della privatizzazione dell’acqua, il presidente dell’Alto Calore Patrimonio Lucio Fiero ha scritto una missiva al segretario provinciale della Cisl, Mario Melchionna. Ecco il testo:
“Caro Mario,
comprendo bene come il mestiere del sindacalista porti spesso condire i…

Privatizzazione acqua, Fierro scrive alla Cisl

Scontro sulla questione della privatizzazione dell’acqua, il presidente dell’Alto Calore Patrimonio Lucio Fiero ha scritto una missiva al segretario provinciale della Cisl, Mario Melchionna. Ecco il testo:
“Caro Mario,
comprendo bene come il mestiere del sindacalista porti spesso condire i ragionamenti con il pepe della demagogia. E’ uno stile che mi infastidisce, ma non più di tanto, perché so bene come esso sia parte del gioco. Nessuna demagogia può però portare a distorcere le posizioni degli altri, quelle che non si condividono. Quando questo avviene ci si pone fuori del rispetto reciproco. Ed è una colossale mistificazione presentarmi come un sostenitore della privatizzazione dell’acqua. Spesso mi si rimprovera, ed a ragione, di essere un “vetero” di essere rimasto legato a schemi vecchi, di non essermi lasciato affascinare da quanti, anche nel sindacato, hanno sposato il “meno Stato e più mercato” consentendo che in questo Paese il pubblico uscisse non dalla fabbricazione di merendine, ma da settori strategici come l’energia, la cantieristica, l’acciaio, la chimica… Figuriamoci, allora, come mi si possa far passare come uno che accetti che il pubblico si ritragga dai servizi essenziali come la scuola, la sanità, l’acqua, i rifiuti … Il sindacato, la CISL in prima persona assume la testa di una grande battaglia civile perché l’acqua resti pubblica? Sarò con te ad incatenarmi, a costruire barricate, ad occupare municipi perché “l’acqua bene indisponibile” venga sancito in nuove leggi, perché si rovescino come un guanto procedure per affidare qui in Irpinia la gestione del servizio idrico all’ACS. Sto con te senza se e senza ma… Ma un buon sindacalista conosce l’arte del possibile, sa che la rivendicazione principale può, per mille ragioni, divenire impraticabile e se il sindacalista che guida la battaglia nelle piazze può non dirlo, chi è chiamato ad amministrare è costretto a farlo, deve proporre a tutti la questione di come affrontare le subordinate per evitare danni maggiori. Potrei buttarla in polemica. Chiederti dove era la CISL quando, negli anni passati l’affidamento diretto era possibile e questa strada non è stata praticata; dove era la CISL quando sarebbe occorso mettere in condizione l’ACS di avere tutte le carte in regola per l’affidamento anche attraverso passaggi che oggi qualche esperto “statista” ci suggerisce in ritardo, in una condizione di emergenza anche temporale; dove era la CISL quando i conti dell’ACS venivano appesantiti da assunzioni clientelari (tali anche quanto “passate” attraverso il sindacato) non necessarie alla gestione dell’azienda ma utili alla costruzione di fortune elettorali. Non lo faccio. Mi interessa oggi impedire che si commettano altri errori o che, comunque, se si commettono mi lascino con la coscienza a posto per aver tentato di evitarli. Insomma il problema è semplice: l’ACS può avere l’affidamento? Tutti, partiti, sindacati, istituzioni, amministratori facciano quanto è necessario perché questo si realizzi. E, seconda domanda, quale è l’incidenza in questo percorso della sussistenza o meno in vita della Patrimoniale? Insomma, per essere più chiari, se l’ACS ha l’affidamento, è cosa saggia, di buona amministrazione, riunificare in essa gestione e proprietà delle reti operando la incorporazione nell’ACS stessa dell’ACP. Cosa cambia se questo avviene ora o dopo l’affidamento? Nessuno è stato sinora in grado di spiegarmi questo ritornello sullo scioglimento ora, senza la garanzia dell’affidamento stesso. Provaci a farlo. Me ne convincerò. Il problema che io ho posto è persino banale. Che succede se l’ACS non riceve l’affidamento diretto? Io so che farai di tutto per impedirlo, sino al cospargerti di benzina e (ma spero di no) darti fuoco, come so che non ti lasceranno solo anche quanti si stracciano le vesti dopo la pubblicazione del decreto Ronchi dopo essere stati inerti per anni. Ma se non ci si riesce? Se la tagliola innescata dal decreto Ronchi scatta, malgrado gli sforzi per impedirlo? E’ per questo che ho posto una questione semplice. Se si sarà costretti a dare vita ad una società mista pubblico-privata per la gestione del servizio perché dobbiamo trasferire a questo privato che ne avrà il controllo anche la proprietà delle reti e la possibilità di intervenire su di esse? Insomma, caro Mario, la questione oggi non è l’ACP, ma l’ACS. Il problema è come affidare all’ACS il servizio e non altro. L’ACP, come vedi, c’entra come cavolo a merenda. Anzi è, e per fortuna una “carta di riserva”, nelle mani degli azionisti pubblici per mantenere un controllo reale sulle acque, che, per quanto parziale rispetto a quello della pubblicizzazione, resta a mio avviso un risultato parziale ma significativo. Tutto qua. Io provo un grande fastidio allorquando questi temi vengono spiegati con la “personalizzazione”. La personalizzazione dello scontro su queste questioni c’è e non sono così stupido da non vederla. Ma essa non nasce da come la “vulgata” lo presenta. Nasce dal fatto che qualcuno non ha accettato lo “zitto e a cuccia” che ha caratterizzato la vita dell’ACP per anni ed ha voluto dare un senso alla sua funzione, scoprendo altarini così infastidendo chi era abituato ad un silenzio di tomba su errori e deficienze della gestione dell’acqua. E’ per questo che andrò via, per evitare che dietro al fumo dei “galletti che si beccano” si nascondano i problemi veri. In ogni caso, te lo garantisco, facendo prima e comunque una qualche chiarezza”.

SPOT