C’era una volta una struttura leggera, soggiorno delle produzioni della terra, riparo dalle intemperie, frutto della ingegneria contadina. Il sole, il vento, la pioggia, il gelo, l’umidità: tutti a sfidarla. Una lotta impari, affrontata da una casupola messa insieme con materiali recuperati, spesso con un po’ di fortuna. La posizione del pagliaio tra i campi, orientato con saggezza rispetto alla rosa dei venti, ne determinava la capacità di massimizzare l’incalanameto di quelle correnti che supp… |
C’era una volta una struttura leggera, soggiorno delle produzioni della terra, riparo dalle intemperie, frutto della ingegneria contadina. Il sole, il vento, la pioggia, il gelo, l’umidità: tutti a sfidarla. Una lotta impari, affrontata da una casupola messa insieme con materiali recuperati, spesso con un po’ di fortuna. La posizione del pagliaio tra i campi, orientato con saggezza rispetto alla rosa dei venti, ne determinava la capacità di massimizzare l’incalanameto di quelle correnti che supportavano la conservazione dei raccolti stoccati al proprio interno. La Cipolla Ramata, tesoro della raccolta nella fertile Valle dell’Irno, vi trovava riparo dai raggi del sole ed ottimale alloggio durante una disidradazione a ventilazione naturale che la metteva al riparto da muffe, funghi e batteri. Era così che il raccolto dell’estate poteva giungere sino all’anno successivo: grazie alla collaborazione di madre natura che soffiava tra intercapedini e tavolati. La modernità ha portato a nuove tecniche di conservazione basate su celle di refrigerazione dove sono continuativamente garantite basse temperature, ricambio d’aria e deumidificazione. Una tecnica di difesa della qualità del prodotto efficace (ne allunga notevolmente la vita) ma dispendiosa in termini energetici: legata di fatto al notevole impiego di energia elettrica. Esistono alternative sostenibili? Possibile coniugare la esigenza di allungare il periodo di conservazione della Ramata con quella di ridurre i consumi e l’impatto sull’ambiente? Montoro sarà ad Expò per illustrare una soluzione nuova. In Piazza Irpinia, il 7 luglio, vi sarà anche SUPREMA case in acciaio: un’azienda che recuperando i saperi della tradizione ha saputo coniugarli con la moderna ricerca ed innovazione. Proprio la declinazione di innovazione e recupero della tradizione hanno condotto alla progettazione di una struttura che sarà presentata all’Esposizione Universale 2015 e che rappresenterà una evoluzione nella politica di conservazione dei prodotti della terra. Nello specifico della Cipolla di Montoro, rifacendosi al contributo degli elementi naturali come faceva il pagliaio, SUPREMA ha progettato una struttura di conservazione green, in grado di sfruttare e controllare vento ed umidità. Ben orientata e dotata di stazione metereologica, sarà in grado di aprire fenditoie per raccogliere le correnti e di richiudersi a riccio difronte alle intemperie, oltre che ad essere dotata di un modernissimo sistema fotovoltaico. Una struttura modulare, che può essere montata, smontata, ridimensionata, spostata; tutto in un lasso temporalmente ridotto. Una struttura completamente implementabile nell’ambito della filiera del riuso dei materiali. Immaginare un futuro in cui la coservazione dei prodotti della terra veda le nuove tecnologie integrarsi con i saperi ed i sapori dei campi: questa l’idea elaborata dall’Architetto Claudio D’Onofrio e tramutata in ricerca e definizione di un progetto che prenderà corpo grazie a SUPREMA. Presentazione ufficiale il 7 luglio in Piazza Irpinia, roccaforte voluta dalla Camera di Commercio per mettere in evidenza, tra i padiglioni di Expò, una Avellino che guarda al futuro consapevole che il domani si costruisce partendo dalle radici.