Scuola, Muto: ora di Religione non dà credito scolastico

Scuola, Muto: ora di Religione non dà credito scolastico
Antonella Muto, Segretaria dei Cristiano Sociali per l’Irpinia, a seguito della recente sentenza 7076 del TAR Lazio e delle polemiche espresse circa l’insegnamento di religione impartito nelle scuole pubbliche, ritiene doveroso intervenire in qualità sia di segretaria dei CSI che come docente impegn…

Scuola, Muto: ora di Religione non dà credito scolastico

Antonella Muto, Segretaria dei Cristiano Sociali per l’Irpinia, a seguito della recente sentenza 7076 del TAR Lazio e delle polemiche espresse circa l’insegnamento di religione impartito nelle scuole pubbliche, ritiene doveroso intervenire in qualità sia di segretaria dei CSI che come docente impegnata in attività sindacale, per chiarire la posizione dell’IRC sul piano didattico e normativo. A seguire vi proponiamo il testo integrale della nota giuntaci in redazione: “Il TAR ha accolto il ricorso presentato da 24 soggetti per l’annullamento dell’ordinanza dell’allora Ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni per gli esami di Stato 2007/2008. La frequenza dell’ora di religione cattolica non concorrerà a “l’attribuzione del credito scolastico” per gli esami di maturità ”e“ i docenti di religione cattolica” non potranno partecipare “a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l’attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento”. Bisogna ricordare ai lettori che la questione è obsoleta perchè c’era già stata una sentenza della stessa sezione del TAR, che a seguito di un ricorso, sospese gli effetti dell’ O.M. n. 26 del 15 marzo 2007(art.8 c 13-14) che confermava la valutazione dell’insegnamento della religione nella determinazione del credito scolastico e successivamente, il 12 giugno 2007 il Consiglio di Stato bocciò tale sentenza, riaffermando la validità e l’efficacia dei commi della medesima Ordinanza e ribadendo che “l’insegnamento della religione concorre a pieno diritto alla determinazione del credito scolastico” Il testo dell’allora ministro Fioroni non fa altro che riprendere l’ordinanza n.128/1999 (quando era ministro della P.I. Berlinguer), in cui per la prima volta venne stabilito che avvalersi dell’IRC concorreva alla possibilità di formare il credito. A differenza di allora, l’attuale OM n.26/2007 prevede che anche i non avvalentesi concorrano a crediti qualora seguano attività alternative, o facciano lo studio assistito. Si confonde il momento della SCELTA di avvalersi o meno dell’IRC con quello della VALUTAZIONE del profitto con cui, chi HA SCELTO tale insegnamento, e ne sono la maggior parte, ha DIRITTO a vedersi riconosciuto l’impegno di frequentare le lezioni di religione e il profitto che ne trae (Corte Cost. n.13 /1991; Corte Cost. n.290/1992; Tar Lazio n. 7101 del 15/09/2000)”. Il Tar dimentica che se un alunno non si avvale dell’IRC, in sede di scrutinio l’insegnante di religione viene sostituito dall’insegnante di materia alternativa o di studio assistito a seconda della scelta dello studente. Non c’è quindi nessun “svantaggio” per chi non fa religione,mentre lo studente che rifiuta sia l’ora di religione che l’ora alternativa o lo studio assistito,scegliendo di uscire da scuola, non ha nessuno che gli riconosca quell’ora “di uscita” in sede di scrutinio. Tale sentenza, come afferma il segretario nazionale dello Snadir (Sindacato Nazionale Antonomo Degli Insegnanti di Religione) Orazio Ruscica, avrà come conseguenza quella “di premiare e incentivare il disimpegno, penalizzando gli studenti che scelgono di seguire un percorso didattico”. I punti nodali alla base della questione sono due: l’insegnamento della religione cattolica è facoltativo ma curriculare e quindi il valore fortemente culturale e non confessionale di tale disciplina. Lo Stato non conferisce una posizione dominante a una determinata “confessione”, violando il pluralismo ideologico e religioso,ma riconosce il diritto dello studente di avvalersi di un insegnamento, e quindi della sua valenza curricolare. La religione,come materia scolastica, non è “propaganda”, né è impartita come “professione di fede”, per questo non viola la libertà di coscienza degli alunni, ma di contro chi vuole limitare ed osteggiare un valido insegnamento, viola i diritti di chi invece vuole liberamente avvalersi di quell’insegnamento. L’IRC concorre con le altre discipline curricolari ad aiutare tutti gli alunni, credenti e non, a leggere segni, simboli, fatti storici, artistici e letterari che hanno caratterizzato il nostro patrimonio storico-culturale. E’ grazie agli estremismi politici, come quello professato da qualche laico che pur di ampliare le proprie libertà limita quelle altrui, che le nostre radici culturali stanno scomparendo. Bisognerebbe riscrivere il passato per non “attentare” alla suscettibilità di chi non si definisce cristiano in uno stato laico? Qual è il motivo di questo accanimento? Le nostre radici rischiano di scomparire in nome di un’idea sbagliata di laicità, non intesa come la difesa di tutte le identità, ma di un laicismo, incomprensibile ai più, altrettanto pericoloso quanto l’integralismo. Il nuovo stato giuridico degli insegnanti di religione (L186/03), giunto dopo venti anni di precariato generalizzato, stabilisce anche per loro l’accesso al ruolo a seguito di pubblico concorso bandito dal Ministero dell’Istruzione, senza scorciatoie né sanatorie, ma ancor di più, l’appartenenza strutturale dei docenti di religione all’organico della scuola è la migliore testimonianza della curricolarità dell’IRC e della scolarizzazione della disciplina. Infatti l’IRC è un insegnamento ordinario, percezione non ancora acquisita da qualcuno, tanto che in nome della libertà, gli stessi, discriminano chi non la pensa come loro. A questo punto mi chiedo chi è più illiberale, l’insegnamento della religione Cattolica e delle nostre radici o l’accanimento contro di essa. Credo l’accanimento”.

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