Un dolore che si ripresenta ogni anno, il 23 novembre, per molte famiglie della provincia di Avellino, che quel giorno di 44 anni fa, nel terribile terremoto che squassò l’Irpinia, persero in meno di due minuti, alle 19:34, gli affetti più cari e tutto ciò che avevano costruito negli anni duri dell’emigrazione all’estero.
Tremila morti, diecimila feriti, quasi trecentomila sfollati, diciotto comuni rasi al suolo, decine quelli devastati, soprattutto in Alta Irpinia: e proprio qui, a Sant’Angelo dei Lombardi, a ricordare le vittime della tragedia arriveranno domani il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e quello della Protezione civile, Nello Musumeci.
A quasi mezzo secolo di distanza il terremoto “continua ad inseguirci”, afferma Toni Ricciardi, vice capogruppo alla Camera dei Deputati del Pd, originario di Atripalda: “Si fa fatica ad avere una memoria condivisa di fatti e misfatti che caratterizzarono quella stagione”, afferma, proponendo l’istituzione di “una Commissione parlamentare conoscitiva, non d’inchiesta, per depurare finalmente la narrazione che ancora oggi risente delle strumentalizzazioni politiche che rivitalizzarono l’antico pregiudizio antimeridionale”.
Il riferimento di Ricciardi, che insegna storia delle migrazioni all’Università di Ginevra, è al processo di industrializzazione portato avanti nelle aree del cosiddetto ‘cratere’: “Per anni abbiamo combattuto contro i luoghi comuni, come quello sull’azienda che voleva costruire barche in montagna: oggi, in quelle aree ci sono industrie leader a livello globale, dall’agroalimentare al settore aeronautico”.
Il poeta Franco Arminio, inventore della “paesologia”, riflette invece sul fenomeno dello spopolamento: l’Irpinia perde ogni anno due mila residenti. “Dobbiamo contrastare la rassegnazione – osserva -, siamo rimasti in pochi: non possiamo portare il broncio all’epoca che ci è stata data da vivere, ma contrapporci agli scoraggiatori militanti facendo leva sullo spirito comunitario soprattutto coinvolgendo i giovani”.