Trasporto pubblico, Mitrione: Vetrella sta distruggendo il settore

“Quello che si temeva sta accadendo: alla vigilia dell’apertura dell’anno scolastico la regione Campania sta decidendo lo smantellamento del sistema del trasporto pubblico locale. L’assessore Sergio Vetrella, a cui è stato chiesto il non gradimento da parte delle opposizioni in Consiglio Regionale, con le sue draconiane decisioni sta falcidiando un servizio pubblico di estrema importanza in una regione che vive su sponde opposte il dramma della mobilità, da una parte l’ingolfamento della zona metropolitana dall’altro la progressiva desertificazione delle zone interne”. Lo dice in una nota Pietro Mitrione della Cgil. “Nella nostra provincia – aggiunge – la rabbia per queste decisioni sta montando ovunque, nel baianese, nella valle caudina, nel solofrano, in alta Irpinia. Quel poco di servizio di trasporto pubblico sta venendo meno ed in particolare quello su ferro. Dopo i tagli lineari operati nei mesi scorsi ulteriori tagli si stanno attivando in Irpinia senza un minimo di confronto con le istituzioni locali. Nei giorni scorsi il vice presidente della Regione Campania ha detto: “ La logica dei ragionieri ci sta portando a definire il modello istituzionale partendo dal costo e cancellando, oltre che la cultura giuridica, anche il buon senso, per il quale una cosa che non funziona ha sempre un costo eccessivo ed una che funziona bene è impagabile” Nella nostra realtà questa logica segna la fine dello stato sociale anche per quelle che funzionano bene in quanto il concetto della soglia minima di utenza porta alla cancellazione di determinati servizi universali come scuole, ospedali, trasporti, servizi sociali ed altro. Lo stesso presidente dell’Amministrazione Provinciale di Avellino ha detto: “ Non difendo il campanile ma non tollero prevaricazioni soltanto perché si è più piccoli” A leggere questa affermazione verrebbe voglia di battergli le mani ma i fatti stanno, invece, dimostrando la debolezza propositiva dell’attività amministrativa della sua giunta, basta guardare allo stallo in cui versa il patto per lo sviluppo concordato con tutte le parti sociali della nostra provincia. Se a tutto questo si somma la pochezza della classe politica irpina il quadro si completa nella sua mediocrità. La lotta dei lavoratori della IRISBUS di Grottaminarda deve diventare la lotta dell’Irpinia perché intorno a quell’insediamento industriale si è concentrata negli anni passati la prospettiva di sviluppo del nostro territorio ed oggi immaginare un futuro senza questo stabilimento significa vanificare ogni ipotesi di miglioramento infrastrutturale dell’Ufita e dell’Irpinia a cominciare dalla costruzione della linea ferroviaria ad alta capacità. E così si ritorna al sistema dei trasporti. Una regione che smantella o depotenzia il suo reticolo ferroviario è una regione che denota scarsa lungimiranza di programmazione mirata alla integrazione ferro-gomma. La scorsa legislatura regionale aveva anche mille difetti ma tutti le riconoscevano una valente capacità di programmazione trasportistica: l’intuizione della metropolitana regionale aveva ed ha la capacità di tenere insieme zone interne e zone costiere, il cerchio ferroviario intorno a Napoli aveva ed ha la potenzialità di integrare ferro e gomma. Di queste idee nessuno ne parla ed intanto la nostra provincia è l’unica in Campania a non avere più un collegamento ferroviario con Napoli, si riducono quelli con l’università di Benevento e quasi nulli su Salerno, senza parlare della sospensione della Avellino-Rocchetta, unico caso in Italia di ferrovia “sospesa”. Per il 20 settembre è stato proclamato lo sciopero regionale di tutto il comparto del trasporto pubblico locale e speriamo di non dover citare il presidente Sibilia quando afferma di non tollerare prevaricazioni soltanto perché si è più piccoli. Caro Presidente dalle parole occorre passare ai fatti … che, purtroppo, fino ad oggi sono stati veramente pochi!!! E si ricordi che le gerarchie territoriali non hanno colore politico e si costruiscono sia“ Non difendo il campanile ma non tollero prevaricazioni soltanto perché si è più piccoli” a Napoli che a Roma”.

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