L’AXRT Contemporary Gallery porta ad Avellino l’arte di Francesco Cabras

Francesco Cabras - Avellino

La AXRT Contemporary Gallery di Avellino ha inaugurato, durante la scorsa serata, la mostra personale dell’arista Francesco Cabras dal titolo “La temperatura dello sguardo” – Intimità di uno scatto” a cura di Stefano Forgione e con testo critico di Bruno Di Marino.

La personale, che resterà visitabile fino al 6 maggio ad ingresso libero, presenta 16 scatti catturati da Cabras durante i suoi viaggi in giro per il mondo. Il tema della è lo sguardo con la sua “temperatura”, intesa come intensità e forza comunicativa.

Francesco Cabras - Avellino
“Bangladesh”

«La fotografia – afferma Bruno Di Marino, storico dell’immagine in movimento – è il primo medium della storia cui è connaturato uno statuto di riproducibilità infinita. Eppure una foto colpisce l’osservatore proprio per questo intreccio di spazio e di tempo; inoltre, ciascun osservatore viene colpito in modo diverso da un elemento diverso della composizione. Che legame si stabilisce allora tra l’osservatore e il soggetto? Difficile dirlo. Eppure, forse, tale relazione può essere misurata da una sorta di temperatura, di intensità che il soggetto ritratto emana. Le sedici fotografie di Francesco Cabras qui esposte, oltre ad offrire un contributo alla storia degli sguardi, sono l’esemplificazione di tale lavorio, il tentativo di cogliere la “giusta” temperatura di un essere umano ritratto. Si tratta, in fondo, di uno sguardo universale incarnato in tanti singoli sguardi. Ed è per tale motivo che, malgrado si conoscano i vari Paesi del mondo in cui Cabras ha scattato le sue fotografie, questa connotazione etnico-geografica perde di importanza. Non c’è alcun approccio di tipo antropologico in questi scatti, alcuna attualità foto-giornalistica, alcuna “urgenza” sociale e neppure estetica. Non sono immagini da National Geographic. Forse queste immagini non sono neanche necessarie (un’immagine deve per forza servire a qualcosa?). Probabilmente sono solo immagini che documentano il loro essere immagini. In nessuno di questi sguardi c’è un’espressione di sfida verso il fotografo che li sta registrando. Semmai di attesa, di sospensione, di curiosità, di amore, di leggera sorpresa.

Come ha sottolineato Horst Bredekamp in un suo celebre saggio sull’atto iconico, non siamo solo noi a guardare le immagini, ma sono anche le immagini che ci guardano, secondo quello che Mitchell chiama “effetto Medusa” riferendosi alla gorgone che aveva il potere di pietrificare chiunque la guardasse negli occhi. “L’immagine”, scrive il teorico fondatore dei visual studies, “si rivolge allo spettatore, cerca di immobilizzarlo con il suo sguardo diretto, con il dito puntato rappresentato in prospettiva che individua lo spettatore, lo accusa, lo sceglie e gli intima un comando. Ma il desiderio di immobilizzare è solo un traguardo momentaneo e transitorio. Il motivo più a lungo termine è quello di smuovere e mobilitare colui che guarda”».

«Francesco Cabras – spiega il curatore, Stefano Forgione – è fotografo, musicista, regista da sempre alla ricerca di nuove prospettive e nuovi orizzonti che la fotografia impone, si impegna a ritrarre volti, paesaggi, persone e luoghi che riescono ad esaudire la sua continua esigenza di scoprire e indagare. Lui stesso ammette di essere sempre stato attratto dalla “temperatura dello sguardo, percepibile anche ad occhi chiusi”, cogliendo una intimità profonda che va oltre un volto o un’espressione. In tutti gli scatti si rimane attratti da un profondo sentimento con quel soggetto, quasi a permeare una sorta di “scambio” . La luce, che sapientemente resta al centro della rappresentazione fotografica, diventa un sentimento, una passione, un amante del quale innamorarsi.

Nei viaggi di Cabras non esistono mappe, itinerari, soste, ma solo luce da centellinare e riservare ad ogni scatto, non importa se la temperatura di quel luogo va oltre la soglia di sopportazione. Dal Bangladesh al Congo, dalla Malesia alla Sierra Leone arrivando in Iraq, nessun luogo diventa centrale nella narrazione. Quel che conta è dosare la luce e far sì che quel volto inizi a dialogare con la stessa, scambiando la temperatura del proprio sguardo, quasi a refrigerare quella dell’ambiente. Solo così l’artista riesce a carpire, in quello stesso scatto, qualcosa di straordinario da concedere agli osservatori, come un vero gesto d’amore.

La letteratura artistia, fotografica, scenografica, mette spesso al centro del dialogo lo scatto in sé con il concetto che ne ha determinato la sua nascita. Cabras, quasi a nascondersi, riesce a far percepire un sentimento, non una fotografia, un soggetto, un paesaggio, ma la forza motrice che emana e interscambia in ogni situazione creata. La luce non è qualcosa di sintetico che la sapienza del fotografo imprime ad una foto, ma una vera e propria entità che attraversa un luogo, uno sguardo, rilasciando impressa un’emozione che vive e che anima un ricordo. Come, per esempio, il ricordo di un sogno che appare avvolto in una luce soffusa, quasi a misurare la temperatura di quell’atto intangibile, il tutto a testimoniare la forza sovrannaturale che la luce determina e dalla quale, come forza motrice, tutto muove».Francesco Cabras - Avellino

Biografia dell’artista

Francesco Cabras è nato a Roma nel 1966. A undici anni inizia a fotografare e a stampare in camera oscura. Parallelamente allo studio per la futura laurea in psicologia inizia a collaborare come giornalista e fotografo con molte testate italiane tra cui Avvenimenti, L’Europeo, Rock Magazine, D-Donna e Airone. Si occupa di reportage di viaggio e sociali, di musica e ambiente, lavorando anche come guida in Asia. Collabora con RAM, prima associazione italiana di studi sul turismo sostenibile. Nel 1995 intervista in esclusiva il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi agli arresti domiciliari a Rangoon. Come inviato di Greenpeace è in Honduras per raccogliere testimonianze sullo sfruttamento intensivo delle coste e come fotografo in Iraq per l’ONG Un Ponte per Baghdad. Come fotografo abbandona progressivamente le collaborazioni con le testate per dedicarsi a un percorso artistico personale. Partecipa realizzando opere circostanziali alle residenze d’artista dei Bocs Art di Cosenza e a Endecameron Incubatio di Rocca Sinibalda. Espone presso gallerie, fiere d’arte istituti di cultura in Italia e all’estero. Del 2016 è la personale Urban Icons a Castel dell’Ovo a Napoli, nel 2017 espone al Maxxi di Roma per i 50 anni di Amref. Del 2018 una collettiva presso la galleria di Lia Rumma a Napoli e una al Festival di Arles. Altre sue personali sono state realizzate a Torino, Roma, Berlino, Bruxelles, Parigi, Capalbio, Milano, Bologna, Pisa, Lecce, Spoleto, Frosinone e Sestri Levante. Partecipa con il magazine fotografico Perimetro alla raccolta di fondi per l’ospedale di Bergamo e di Kiev. Come fotografo e regista realizza documentari e campagne umanitarie e ambientali per Greenpeace, Terre des Hommes, Amref, Med React, Legambiente, Un Ponte per Baghdad, Light House Foundation e per l’agenzia delle nazioni unite IFAD.

Nel 2000 con Francesco Struffi e Alberto Molinari fonda la società di produzione GANGA che si dedica a documentari, videoclip musicali, videoarte, campagne per l’ambiente e pubblicità. Cabras e Molinari realizzano a quattro mani regia, fotografia, scrittura e produzione, di molti documentari tra cui The Big Question, prodotto da Mel Gibson, The Akram Tree sul coreografo Akram Khan, Morocco Fantasia su Al Di Meola. Il Compromesso sul Mosè di Michelangelo, vince come miglior documentario d’arte RAI del decennio al 64° Prix Italia Torino. Cabras, in tandem con Molinari o da solo, dirige videoclip per Vasco Brondi, Nada, Orchestra di Piazza Vittorio, Max Gazzè, Caparezza, Sergio Cammariere, Giorgia, Roberto Angelini, e molti altri. Gira due episodi monografici sull’India del programma Sfera per La7. Dirige per Cult TV di Fox un ciclo di videoarte, tra cui Paleoliche che vince il concorso Festarte e include Cabras in Young Blood, l’annuario dei talenti italiani premiati nel mondo. L’opera viene utilizzata da Greenpeace per la campagna nazionale pro-energia eolica. Gente che conta, un altro ciclo di videoarte viene preso dal Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato e inserito nella retrospettiva La via sperimentale del cinema italiano per la 49° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Cabras e Molinari curano la regia teatrale e l’installazione di videoarte dell’opera di Andrea Parodi Terracuzatò per il Teatro Lirico di Cagliari con la cantante Noa. Durante il lockdown del 2020 ha ideato e curato SPQL, un progetto di poesia visuale su sonetti inediti di Marco Lodoli con, tra gli altri, Ascanio Celestini, Carl Brave, Ardecore, Enrico Montesano, Sabrina Impacciatore, Pino Marino e Muro del Canto.

Come attore partecipa a The Passion of the Christ di Mel Gibson nel ruolo di Gesmas, recita in Captain Corelli’s Mandolin di John Madden sul cui set dirige il documentario Italian Soldiers selezionato all’IDFA di Amsterdam e vincitore del LAIFA di Los Angeles. Partecipa a Equilibrium di Kurt Wimmer ed è protagonista del Rasputin di Louis Nero. Vince come miglior attore protagonista al Sacher Festival di Nanni Moretti con Cosmos Hotel di Varo Venturi.

La sua favola L’isola della Quorina vince il premio letterario internazionale Andersen Baia delle Favole e il premio Bruce Chatwin. E’ co-autore di guide su India, Amsterdam e Birmania per Moizzi, Gulliver e Ram edizioni. E’ autore di un capitolo del libro Tommy, The Who Noreply edizioni di Eleonora Bagarotti e di un intervento in Senza Metropoliz di Giorgio De Finis Bordeaux edizioni.

È autore di canzoni tra cui il triplo disco di platino Tre parole di Valeria Rossi di cui scrive il testo del ritornello. Collabora con Francesco G. Raganato e Max Urso in alcuni progetti musicali. E’ il cantante della band North Sentinel con cui registra l’LP omonimo.

 

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