Quando la notizia è diventata ufficiale, attraverso un comunicato del Comando Provinciale dei Carabinieri di Avellino, il nome dell’orco era sulla bocca di tutti gli abitanti di Rione Ferrovia.
Inutile omettere le generalità: quel soggetto è stato subito individuato.
Chissà da quanto tempo, nella borgata di Avellino, si attendeva questo epilogo.
Si tratta di un personaggio assai noto, non solo al Rione Ferrovia, dove tutti si conoscono e ognuno sa tantissimo di ciascun abitante.
Infamante l’accusa per questo uomo di 77 anni, padre di due figlie e anche nonno, appartenente a una famiglia numerosa e facoltosa di Avellino, assai nota non solo nel popoloso rione.
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Ordinanza di custodia cautelare per l’anziano, accusato di cose orrende.
Ora è agli arresti domiciliari.
E la gente si domanda: perchè costui non è chiuso in un carcere?
La risposta è semplice: lì dentro l’anziano avrebbe rischiato sicuramente l’incolumità personale, considerando il tipo di reato di cui si è macchiato.
La legge non scritta dei detenuti condanna azioni del genere e non aspetta certamente la sentenza.
Queste cose i magistrati lo sanno bene: meglio mantenere in buona salute l’indagato in attesa dell’interrogatorio di garanzia al quale il soggetto in questione sarà sottoposto martedì.
Quanto avvenuto nei bagni della stazione ferroviaria di Avellino è minuziosamente descritto nell’informativa fornita dal Procuratore della Repubblica dottor Vincenzo D’Onofrio.
Altri accertamenti in corso per stabilire se nella “rete” dell’arrestato siano finiti, in passato, altri innocenti anche in relazione all’attività svolta dal 77enne, che per anni ha gestito un circolo ricreativo di Rione Ferrovia, molto frequentato da giovani.
Al Rione Ferrovia molti sanno, pochi parlano.
In quella borgata, dove per tanti anni si sono decise fortune politiche, imprenditoriali e sportive, la gente è sotto s hock, nessuno vuole commentare apertamente l’accaduto, è palpabile il timore di parlare.
Un rione che era feudo della Democrazia Cristiana, dove De Mita, Mancino e Gargani contavano galoppini che avrebbero poi ottenuto il posto di lavoro, rigorosamente per chiamata diretta.
Dove il capostazione Adolfo Corbo poteva gestire le sorti dell’Avellino attraverso i tifosi del club, ottenere da “zio Elio” Graziano posti di lavoro all’Isochimica e sventagliate di biglietti omaggio per lo stadio.
La zona di Avellino in cui impettiti “capetti” gestivano consensi di ogni genere, a livello politico e finanziario, sportivo e imprenditoriale, incutendo timore in quanti avevano bisogno di favori per campare, quindi disposti ad osservare un rigoroso silenzio.
Finora è stato così, ma l’azione delle forze dell’ordine, gli esiti di attente indagini e l’intervento della magistratura, potrebbero finalmente dare coraggio e voce a gente che ha saputo sempre tante cose, senza mai raccontarle, per la paura, per evitare conseguenze, sopportando in silenzio ma con tanta rabbia dentro.
Le cose cambiano, come canta Luciano Ligabue…