Truffa alle assicurazioni: l’avvocato irpino arrestato non parla

Carcere di Bellizzi -Avellino

Nel carcere di Bellizzi Irpino, dove attualmente si trova ristretto, l’avvocato Ciro Gioia non ha inteso rispondere alle domande del giudice del tribunale di Avellino, Marcello Rotondi che, per rogatoria, avrebbe dovuto interrogare l’indagato.

Il 43enne avvocato di Mercogliano si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande relative all’indagine per la truffa alle compagnie di assicurazioni che ha portato all’emissione di 10 provvedimenti di custodia cautelare e ad indagini nei confronti di altre 14 persone.

Una maxi truffa alle compagnie di assicurazioni attraverso falsi incidenti con risarcimenti milionari, secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma.

Determinante, ai fini delle indagini condotte dalla Polizia Stradale, la denuncia fatta dagli avvocati Mario e Luigi Tuccillo, per conto della Generali, società assicuratrice delegata alla gestione del fondo di garanzia vittime della strada.

In seguito a quanto dettagliatamente esposto dagli investigatori, i magistrati Roberto Cucchiari e Pierluigi Cipolla della Procura romana hanno firmato le ordinanze di custodia cautelare in carcere per l’avvocato Ciro Gioia del foro di Avellino, studio al Centro direzionale di Napoli e a Mercogliano mentre agli arresti domiciliari sono finiti il magistrato Luigi Esposito dell’ufficio giudice di pace di Sant’Anastasia, il cancelliere dell’ufficio giudice di pace Raffaele Rea e il figlio Domenico Rea; il medico di origini siriane Mohamed Chamalieh, in servizio al Loreto Mare. Arresti domiciliari anche per Salvatore Della Ragione, Nunzio Della Ragione, Margherita Di Marzio, Adele Di Matteo, tutti a vario titolo ritenuti responsabili di avere fatto parte della organizzazione per i falsi sinistri.

La maxi truffa era diversa da quelle tradizionali, dove si registra il falso incidente con testimoni compiacenti, carrozzieri e periti pronti a dare una mano.

In questo caso si trattava di un sistema complesso, curato nei minimi dettagli, che funzionava alla perfezione.

I componenti della banda, che organizzava falsi incidenti stradali, tendevano a ottenere risarcimenti dal fondo di assistenza per le vittime della strada.

Ulteriore caratteristica dell’organizzazione, consisteva nell’ideare, spesso, incidenti stradali sulla base di radiografie già illegalmente possedute dai vari componenti il sodalizio criminare. Da tali accertamenti diagnostici emergeva poi la diagnosi del primo soccorso, ovviamente con lesioni compatibili alle circostanze del sinistro.

Dopo avere organizzato nei dettagli il sinistro (mai avvenuto) l’avvocato richiedeva il risarcimento al Fondo di garanzia per le Vittime della strada, trattandosi ai automobilista datosi alla fuga, per ricevere la proposta economica di indennizzo.

Il sistema organizzativo, a quel punto, si avvaleva dei preziosi contatti con un Giudice di Pace ed un Cancelliere. Quest’ultimo si è rivelato come figura strategica, in quanto nella fase di iscrizione a ruolo, “pilotava” il fascicolo del presunto sinistro verso un Giudice di Pace compiacente. Il dispositivo delle Sentenze, in questo modo, non poteva che essere favorevole e sopratutto blindato.

Secondo una stima attendibile pare che questo business abbia fruttato almeno un milione e mezzo di euro nei soli due anni di indagine.

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