Avellino, truffa ristori Covid. I due principali indagati rispondono al Gip

Sono comparsi, stamattina, dinanzi al Gip del Tribunale di Avellino i due commercialisti, finiti in carcere per la maxitruffa sui ristori Covid.

I professionisti, difesi dagli avvocati Alberto Biancardo e Alfonso Laudonia, accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato, riciclaggio, autoriciclaggio e false comunicazioni sociali, sono stati ascoltati per l’interrogatorio di garanzia dal Gip del Tribunale di Avellino Giulio Argenio, il magistrato che ha firmato le misure cautelari  su richiesta dalla Procura di Avellino.

Entrambi gli indagati hanno deciso di rispondere alle domande del magistrato e hanno fornito hanno chiarito la loro posizione rispetto alle accuse mosse dal pubblico ministero Vincenzo Russo, titolare delle indagini.

I due professionisti si sarebbero avvalsi di due prestanome difesi dagli avvocati Eliana Giugliano e Lucio Seconnino), che si trovano agli arresti domiciliari. Nel corso del 2021, avrebbero indebitamente beneficiato delle misure di sostegno economico destinate ai soggetti colpiti dalla pandemia.

Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Avellino, guidata dal procuratore capo Domenico Airoma, hanno scoperto un articolato sistema di frode al fine di ottenere il beneficio, attraverso la presentazione di istanze nelle quali veniva dichiarata falsamente una flessione media mensile del fatturato tra gli anni 2019 e 2020. A condurre le investigazioni la Guardia di Finanza, agli ordini del comandante Salvatore Minale. Eseguito anche il sequestro preventivo di una somma pari a 1.190.968,00 euro.

I fatti ricostruiti dai militari del Gruppo Avellino del Comando Provinciale della Guardia di Finanza risalgono al 2021. I fondi percepiti vennero stanziati nell’ambito dei decreti Sostegni e Sostegni bis: prevedevano un’erogazione diretta dei contributi a fondo perduto da parte dell’Agenzia delle entrate in favore degli operatori che ne avevano fatto istanza.

Le indagini, però, hanno accertato che i professionisti avevano posto in essere un “articolato sistema di frode – evidenziano dalla procura irpina – al fine di ottenere il beneficio in questione, attraverso la presentazione di istanze, da parte delle società coinvolte, nelle quali veniva dichiarata falsamente una flessione media mensile del fatturato tra gli anni 2019 e 2020, che ha consentito poi di percepire illecitamente contributi per un importo complessivo pari a 1.190.968 euro”

Gli accertamenti hanno anche permesso di verificare che le società coinvolte a supporto delle istanze avevano presentato dichiarazioni integrative fiscali ai fini IVA ed imposte dirette, in rettifica di quelle originariamente presentate per gli anni d’imposta 2019 e 2020, nelle quali avevano riportato dati non veritieri, indicando, per ogni società, un volume d’affari di circa 9 milioni di euro, “solo per creare e dimostrare artificiosamente una flessione media del fatturato di circa 750 mila, tra l’anno 2019 e l’anno 2020”.

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