Bonus edilizi, dietro la maxi truffa l’ombra di colletti bianchi e criminalità organizzata

«Massima attenzione sulle truffe legate ai bonus edilizi. L’inchiesta è ancora aperta e punta ad individuare le menti dell’operazione, quei colletti bianchi che conoscono bene le norme e utilizzano prestanome sui territori, né si esclude la presenza della criminalità organizzata». All’indomani dell’operazione coordinata dalla Procura della Repubblica che ha portato al sequestro preventivo di 3,5 milioni di euro di crediti d’imposta fittizi relativi ai bonus edilizi (leggi qui), il comandante della Guardia di Finanza, il colonnello Salvatore Minale, fa il punto della situazione.

«Le indagini sono iniziate a novembre 2022 ed hanno portato al primo importante sequestro di crediti fittizi, tranche iniziale di un’attività molto più complessa e articolata. Avellino si conferma un territorio interessato a questo fenomeno ma l’attenzione riposta nel settore da Forze dell’ordine, Procura e Agenzia delle entrate è alta e ha permesso di ottenere importanti risultati già nell’immediatezza» spiega Minale.

L’indagine, che ha portato al sequestro preventivo di crediti d’imposta per un valore di 3,5 milioni di euro a carico di  trenta persone fisiche, quasi tutte residenti in Campania, e diverse società, di cui una “cartiera” con il ruolo di collettore dei crediti, con sede in provincia di Vicenza, ha permesso di ricostruire una complessa rete di persone fisiche che hanno inviato all’Agenzia delle Entrate comunicazioni telematiche di cessione di crediti d’imposta connessi a lavori edilizi mai effettuati.  Partendo da un prestanome della provincia di Avellino, uno dei cinque irpini indagati, le Fiamme gialle hanno ricostruito il giro truffaldino. «Abbiamo accertato che, nella maggior parte dei casi, i contribuenti che presentavano istanze non avevano alcun requisito per ottenerle, non erano possessori di immobili, alcuni di loro erano percettori di reddito di cittadinanza oppure avevano precedenti per truffa- spiega ancora il colonnello Minale- Le fatture utilizzate per giustificare lavori inesistenti sono state emesse da una società della provincia di Vicenza che non aveva alcun requisito. Era una vera e propria cartiera, senza sede legale, senza sede amministrativa, che nel tempo aveva avuto come amministratori tutti prestanome o persone irreperibili. Elemento di indagine che hanno consentito di bloccare i crediti prima che venissero monetizzati».

Obiettivo dell’attività investigativa individuare i responsabili della truffa, coloro che muovevano i fili dei vari prestanome disseminati sul territorio campano. Quelli che Minale definisce «colletti bianchi» perché, aggiunge, «ci vuole capacità ideativa e realizzativa per mettere in piedi una truffa del genere. Quindi si cerca sempre di individuare coloro che, conoscendo perfettamente norme che non sono per nulla semplici, sono i veri dominus artefici della truffa. Potrebbe trattarsi di ingegneri, commercialisti, architetti, chiunque abbia studiato e conosca bene la materia. Né si esclude la presenza di criminalità organizzata nella gestione dei traffici di crediti perché, ovviamente, questi possono essere monetizzati ma anche utilizzati successivamente da aziende realmente operanti sul territorio per ridurre il pagamento delle tasse negli anni successivi».

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