AVELLINO – “Da tempo non provavo un senso di disgusto così alto nell’apprendere una notizia: il furto dell’oro nella Cattedrale di Avellino. Collego questo sentimento alle ragioni legate alle donazioni e alle sacre motivazioni del popolo di Avellino, dei suoi figli emigranti, e poveri, che nei secoli hanno costantemente impetrato l’aiuto di Maria. Non hanno rubato soltanto oro ma speranze, sofferenze e dolori di una comunità. Comprendo che la crisi in cui siamo attanagliati spinge ai ge… |
AVELLINO – “Da tempo non provavo un senso di disgusto così alto nell’apprendere una notizia: il furto dell’oro nella Cattedrale di Avellino. Collego questo sentimento alle ragioni legate alle donazioni e alle sacre motivazioni del popolo di Avellino, dei suoi figli emigranti, e poveri, che nei secoli hanno costantemente impetrato l’aiuto di Maria. Non hanno rubato soltanto oro ma speranze, sofferenze e dolori di una comunità. Comprendo che la crisi in cui siamo attanagliati spinge ai gesti insani e irragionevoli, ma sento forte il bisogno di volgere un invito che il cuore non riesce a frenare, pur comprendendone tutte le possibili ragioni: restuite l’oro rubato, restituite a questa città le speranze che potreste svendere. I dolori, i miracoli sperati da intere generazioni, non hanno un prezzo né un mercato. Hanno in sé un valore intrinseco non paragonabile a nessun criterio umano. Per la qual cosa, fosse anche per un riscatto personale di chi ha rubato, restituite l’oro alla Cattedrale”. Così Paolo Matarazzo in una lettera aperta.