Movida violenta: lettera aperta del comitato per l’Eliseo

Lettera aperta ai genitori delle giovani vittime della ‘movida violenta’. A scrivere sono gli attivisti del comitato per l’Eliseo. “Care madri, cari padri – si legge – abbiamo osservato con attenzione, compreso il vostro sdegno, colto il vostro turbamento dopo l’aggressione ricevuta qualche giorno fa, in Via De Concilii, dai vostri ragazzi. La frustrazione e le paure generate dal vedere i propri figli aggrediti senza ragione nel bel mezzo della città sono naturali. E comprensibile è pure la ric…

Lettera aperta ai genitori delle giovani vittime della ‘movida violenta’. A scrivere sono gli attivisti del comitato per l’Eliseo. “Care madri, cari padri – si legge – abbiamo osservato con attenzione, compreso il vostro sdegno, colto il vostro turbamento dopo l’aggressione ricevuta qualche giorno fa, in Via De Concilii, dai vostri ragazzi. La frustrazione e le paure generate dal vedere i propri figli aggrediti senza ragione nel bel mezzo della città sono naturali. E comprensibile è pure la richiesta – dinanzi a tali bestialità – di intensificare i controlli e tentare di ristabilire il rispetto delle regole di convivenza civile. È una prima risposta. Sentiamo, però, di dirvi che non è la soluzione, che non risolve il problema. Riteniamo che imporre paura e controllo non cancelli affatto il disagio di questi ragazzi; disagio che voi, testimoni della loro quotidianità più intima, ben conoscete o immaginate. In un tempo come il nostro, in una città come Avellino, il malessere si fa spesso silenzio. Tace e si ammala ancora. Avellino non è oggi una città viva, capace di offrire stimoli continui, di produrre e accogliere bellezza, di essere ospitale ed amorevole; una città che sa offrire spunti ed opportunità. Fuori dalle mura domestiche i più giovani non trovano ascolto, comprensione. Le loro richieste si spengono nel vuoto. Eppure c’è una cosa che non possiamo dimenticare: anche i figli degli ‘altri’ sono costretti a vivere nel medesimo deserto culturale, ad attraversare la medesima desolazione dalla quale – però – escono induriti, sfrontati, cinici; bisognosi di rispondere alla frustrazione ostentando un misero ‘potere’. Come leggere altrimenti il tentativo di imporre ad altri, con la forza, un gesto che potrebbe rappresentare normale cortesia? Sarebbe cortesia offrire una sigaretta, sarebbe gentilezza offrire da bere, ma questi ragazzi hanno creduto fosse più soddisfacente imporsi con la forza invece che attraverso lo scambio, e ciò accade anche perché vivono ingessati nel vuoto culturale, imprigionati nel nulla, nel vanaglorioso, nell’inutile, nel velleitario. Questa città ha represso il loro ‘poter fare’, ovvero l’opportunità di esprimere il loro potenziale, e così, per alcuni, non è rimasta altra opportunità se non quella di sviluppare l’istinto di prevaricazione, il ‘potere su’. Di questo sono stati vittime i vostri figli. Questo è ciò che è successo e questo è ciò che continuerà a succedere, altrove, in altri bui anfratti dove i vostri figli resteranno – ancora una volta – indifesi. Non è con la militarizzazione della città che si costruisce una strategia difensiva, specie se il mostro da combattere ha la stessa età dei vostri figli ed è affetto da nient’altro che rabbia, frustrazione, noia, ignoranza. Cento poliziotti nelle strade non valgono un solo cinema aperto, una sola sala prove, un solo luogo di libertà e sperimentazione, di creazione e giustizia, un luogo dove condividere capacità e passioni, sogni e progetti. Questo crea civiltà, non altro. Non che questo rappresenti una manna, una soluzione ad ogni male, ma è un gesto che racconta una scommessa a rilancio, invece che a ribasso. Dover ricorrere alla ‘forza’ rappresenta sempre una scommessa perduta. Lo rappresenta per i ragazzi che scelgono di imporla ad altri ragazzi, ma lo rappresenta anche per i genitori, gli insegnanti, le istituzioni che scelgono di imporla ‘per fare bene’. Cortesia e gentilezza non si apprendono sotto la supervisione di polizia e carabinieri, si apprendono re-imparando la civiltà, scambiando saperi, praticando quotidianamente il rispetto dell’altro. E per far questo occorrono dei buoni esempi. Noi lo siamo? Chiediamocelo, di tanto in tanto. Per questa ed altre mille ragioni vi chiediamo di non rinchiudere la vostra paura tra le mura di casa,di non limitate la vostra indignazione a un sit-in; costruite insieme a noi e insieme ai vostri figli una reale alternativa e facciamo in modo che questa città cambi. È facile. Basta cambiare per primi. Occorre comprendere che non possiamo più aspettarci di puntare il dito e scoccare la una soluzione bell’e pronta. Non è più il tempo delle soluzioni facili a problemi complessi. Occorre desiderare davvero un futuro diverso per i propri figli e lavorare perché quel desiderio prenda forma in un progetto. Noi abbiamo scelto di partire dalla ricostruzione dei luoghi di scambio e di condivisione artistica, culturale, creativa; ovvero da luoghi come l’Ex Cinema Eliseo. Vogliamo vincere la scommessa rilanciando in bellezza. E ci occorre il vostro aiuto. Noi ci stiamo. E voi?”.

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