No a inchino sotto casa del boss, Gallicchio plaude vescovo Alfano

BISACCIA – “Non bastano le misure del governo per affrontare questo difficile momento. Uscire dalla crisi non significa soltanto trovare soluzioni di tipo economico. Molto spesso, invece, dimentichiamo che occorre soprattutto lavorare per una crescita morale e civile che deve essere espressa da scelte chiare altrimenti le esitazioni diverranno la più grande debolezza. Per questo non possiamo limitarci alle buone intenzioni ma abbiamo il dovere di passare alla pratica delle stesse. Rispetto a ciò, credo sia opportuno che l’importanza e la concretezza del messaggio contenuto nel comportamento del Vescovo, Monsignor Franco Alfano, ieri Arcivescovo della Arcidiocesi altirpina di S.Angelo Lombardi-Nusco-Conza-Bisaccia e oggi di Sorrento Castellammare sia fondamentale perché cerca di ridare alle coscienze le premesse morali”.
E’ questa la nota di avvio del commento di Pasquale Gallicchio, dirigente provinciale del Partito democratico e consigliere comunale a Bisaccia su quanto è accaduto domenica a Castellammare durante la processione di San Catello, patrono della città. A differenza degli anni passati Monsignor Alfano non ha permesso la sosta della statua sotto al balcone dal quale si affaccia il boss della camorra Renato Raffone detto “Battifredo”.
“Don Franco, che abbiamo conosciuto e apprezzato in Alta Irpinia per sette anni – afferma Gallicchio – ha presentato a Castellammare la chiesa a cui si è sempre dedicato e ha costruito con i sacerdoti e i laici. Le sue azioni, le sue parole hanno avuto una priorità perchè dirette alle persone umili, dignitose e soprattutto a chi si è sempre mostrato pronto a caricarsi del destino degli uomini non soltanto del proprio. Il suo comportamento è una spinta coraggiosa a tutte le coscienze ma soprattutto a quelle dei politici e degli amministratori troppo spesso imprigionate in logiche di tenuta di equilibri e non rottura degli schemi. Quanto è accaduto a Castellammare sottolinea come le scelte di don Franco non hanno dato e non daranno spazio ad ambiguità. Quando c’è la necessità di chiudere le porte al male non c’è esitazione che possa mantenere, e questo vale tanto in ambito religioso che in ambito civile. Quanto fatto da don Franco, dal sindaco Luigi Bobbio e la sua amministrazione presenti nella processione, non possono passare in secondo piano perché soltanto esaltando queste condotte possiamo costruire comunità di uomini liberi. In questa profonda crisi della politica, sia come funzione pubblica che dipende e deriva dal mandato elettorale, sia come etica del servizio pubblico, non dobbiamo dimenticare che sono identificate con le persone che le svolgono. Così, nel gesto di don Franco c’è tutta la spinta ad avere speranza. E’ proprio nell’aver speranza che consiste la coscienza umana e la certezza della vita.
Dobbiamo perseverare nel rafforzare le basi per rinnovare la dinamica sociale, per portare le nostre comunità a più alti livelli di consapevolezza e di convivenza. Perciò, siano grati a don Franco per l’eredità morale lasciata in Alta Irpinia durante la sua azione pastorale. Sono certo che dai nostri piccoli paesi giungerà a Castellammare la vicinanza di tante comunità che ha conosciuto e che lo seguono dalle alture dei nostri monti in maniera vigile. Spero, che le comunità della diocesi di Sorrento Castellammare, in particolare i suoi giovani, sostengano don Franco perché l’ascolto solitario di un vescovo può molto ma non tutto. Occorre l’aiuto, il sostegno di coscienze libere, e anche di quelle pronte ad abbandonare ambienti e pratiche malavitose e non solo, per poter scardinare quei mali che condizionano la nostra terra ma più in generale il nostro Mezzogiorno”.

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