Trattativa Stato-Mafia, anche Genovese tra i padrini contattati?

Un segreto custodito per dieci anni all’interno di un documento di sei pagine denominato “Protocollo Farfalla“, il quale è stato siglato nel 2004 dai capi di quella che allora era la Sisde e il Dap, ovvero il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Praticamente con questo trattato i servizi di sicurezza hanno offerto molti soldi a otto capi di Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra mentre si trovavano in carcere in regime di 41 bis, per ottenere informazioni sulle cosche e affari mafiosi. I…

Un segreto custodito per dieci anni all’interno di un documento di sei pagine denominato “Protocollo Farfalla“, il quale è stato siglato nel 2004 dai capi di quella che allora era la Sisde e il Dap, ovvero il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Praticamente con questo trattato i servizi di sicurezza hanno offerto molti soldi a otto capi di Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra mentre si trovavano in carcere in regime di 41 bis, per ottenere informazioni sulle cosche e affari mafiosi. Il fascicolo che riguarda il segreto di stato è stato reso accessibile solo nei giorni scorsi, quando è stato sciolto il vincolo dal presidente del Consiglio Matteo Renzi e oggi “Repubblica” può svelare apertamente anche il contenuto più riservato.
Il “Protocollo Farfalla”, oltre a consentire uno scambio d’informazioni fra 007 e operatori penitenziari, prevedeva anche un patto molto riservato con i boss, ai quali si elargivano tanti soldi in cambio di informazioni segrete su come si svolgeva il crimine organizzato in Italia. I boss erano pagati con soldi provenienti dai fondi riservati dei Servizi, e avevano riguardato contatti con Cristoforo Cannella, uno dei killer che aveva preso parte alla strage Borsellino, e altri nomi di spicco di Cosa nostra come Vincenzo Buccafusca, Salvatore Rinella, fino al catanese Giuseppe Maria Di Giacomo. Ad aver collaborato con gli agenti 007 ci sarebbero anche il boss del Clan Partenio Modestino Genovese e Antonino Pelle, persona appartenente alla ‘ndrangheta. Sono tante comunque le domande che ancora non hanno una risposta, e i pm dell’inchiesta trattativa Stato-mafia indagano per scoprire particolari che possano rivelare altre verità.
Il Protocollo rivela anche particolari sul generale Mario Mori, l’ex direttore del Sisde assolto poi in primo grado dall’accusa di aver favorito la latitanza di Provenzano, caso riaperto dall’appello del pg Roberto Scarpinato e del sostituto Luigi Patronaggio, che hanno dichiarato: “Il punto critico del protocollo è la mancanza di un controllo di legalità da parte della magistratura”. La procura generale ha commentato così il comportamento di Mori: “Ha disatteso i suoi doveri istituzionali”. Ed ecco arriva Scarpinato che, attraverso una ricostruzione dell’attività di Mori dagli anni ’70 agli anni ’90, afferma: “Il modus operandi di Mori è stato sempre da appartenente a strutture segrete”, affermazioni che puntualmente i legali di Mori, Basilio Milio ed Enzo Musco, respingono.

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