Falsa testimonianza. E’ questa l’accusa con la quale è stato indagato dalla procura di Palermo l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia. La posizione di Mancino, scrivono alcuni quotidiani, è cambiata nelle ultime settimane, dopo la sua deposizione al processo al generale Mario Mori il 24 febbraio scorso. ”Non mi sorprende la notizia della mia iscrizione nel registro degli indagati – afferma Mancino -. Il teorema che lo Stato, e non pezzi o uomini dello Stato, abbia trattato con la mafia è vecchio di almeno venti anni ma non c’è ancora straccio di prova che possa confortarlo di solidi argomenti”, afferma l’ex ministro dell’Interno.
”Per quanto mi riguarda – prosegue Mancino – sono stato ministro dell’Interno e ho difeso lo Stato dagli attacchi della mafia, che ho combattuto con fermezza e determinazione. Secondo notizie riportate da alcuni quotidiani, sarei stato iscritto nel registro degli indagati per falsa testimonianza. Proverò la mia lealtà nei confronti delle istituzioni e della stessa magistratura, come dimostrerò la mia estraneità a qualsiasi altra ipotesi penalmente rilevante, e smentirò la fantasiosa e burocratica ricostruzione secondo cui, al fine di evitare le stragi, sarebbe stato opportuno cambiare ministro”. ”Dimenticando -conclude Mancino- che chi aveva assunto la responsabilità di titolare dell’Interno era ed è quel parlamentare, il senatore Mancino, che da capogruppo della Dc a Palazzo Madama presentò come primo firmatario un disegno di legge, poi divenuto legge, che avrebbe salvato, come salvò, da imminente prescrizione il maxiprocesso di Palermo”.
Alla notizia dell’iscrizione di Mancino nel registro degli indagati è intervenuto l’ex ministro Gianfranco Rotondi: “Esprimo a Mancino vicinanza e stima. Contro di lui è in atto una manovra dalle motivazioni incomprensibili”.