Il 21 luglio, all’AXRT Contemporary Gallery di Avellino, il vernissage con lo street artist HOLAF, che si esibirà anche in una performance
La AXRT Contemporary Gallery di Avellino presenta la mostra personale di HOLAF, pseudonimo dell’artista Antonio Catalani, dal titolo “He Got Game”, a cura di Gianluca Marziani. L’inaugurazione è in programma per giovedì prossimo, 21 luglio, alle ore 18:30, presso la galleria d’arte di Avellino, sita in via Mancini n. 19. Inoltre durante l’evento, alle ore 20:00, l’artista si esibirà in una performance di street art.
Le opere resteranno in esposizione fino al 22 agosto 2022 alla AXRT, che è aperta tutti i giorni dalle 10:00 alle 13:oo e dalle 17:00 alle 20:30. L’ingresso è libero.
L’artista
Antonio Maria Catalani (HOLAF), nasce a Roma il 20 giugno del 1988. Figlio d’arte: infatti sua madre, suo nonno materno e il padre di suo nonno gli trasmettono l’anatomia residua delle loro tele. L’odore dei colori a olio respirato fin da piccolo, gli concede l’ingresso in un mondo che anima da subito i suoi sogni.
HOLAF non accetta barriere, tant’è che nelle sue opere rincorre l’anarchia e la protesta della “Giovane Arte”; ma è nel viaggio che Catalani cerca le basi per le sue opere. Questo si riscontra nella differenza, a volte totale, dei soggetti e nelle tecniche usate per completarli. Spesso ad ogni viaggio corrisponde una serie di creazioni palesemente contaminate dal luogo in cui vengono realizzate, che smuove l’animo dell’artista. Particolarissimo il suo rapporto con il concetto di tempo. Per Catalani il tempo brucia, è corto, e nelle sue rappresentazioni è scritta la sua sintesi, a volte simbolica.
Scrive di lui Erri De Luca: “Nelle opere di Antonio c’è una rissa irrisolta, attraverso la raffigurazione. La esprime, ma non se ne libera, perché sente di non consistere in quelle opere. È un punto di vista esigente verso se stesso, non si compiace, non si dà per promosso. E malgrado la sua insoddisfazione in quei quadrato al muro si vede la mano sicura di chi possiede un mezzo e lo piega al suo pensiero e istinto. Ribolle eppure governa la materia che gli dà alla testa, ha volontà di conoscere i suoi limiti, ma i propri limiti si esplorano solo a rischio di sbandare”.
Le precedenti esposizioni di HOLAF:
- 2018, mostra personale presso la galleria d’arte contemporanea Tibaldi di Roma;
- 2019, mostra collettiva “Geometrie Segrete”, con la supervisione del Politecnico di Milano, presso Palazzo Farnese a Piacenza;
- 2020, Streat Art Festival “Borgo Universo” di Aielli (L’Aquila);
- 2020, mostra collettiva “Contemporanea”, presso il Palazzo ducale di Tagliacozzo (L’Aquila).
La mostra
Su “He Got Games” il curatore, Gianluca Marziani, nella sua lettura critica afferma: “Dare forma ad una mostra personale con l’indulgenza metodica di una visione unitaria. Moltiplicare i codici linguistici per plasmare la connessione unitaria degli stimoli urbani. HOLAF registra i tanti layer dell’energia rizomatica più espressiva e metabolica. Cattura frammenti d’interesse storico ed emotivo, manipolandoli tra enfasi e controllo, natura e cultura, istinto e ragione(volezza). Il suo occhio si trasforma nel registratore selettivo di matrici eterogenee che addensano
eventi e avventi, sfoghi e antagonismi, messaggi civili e attestati di sagace conquista urbana.
Il quadro come fosse un campo di battaglie a salve, alimentato con le armi del writing globale, frutto di filiazioni cosmiche con Jean-Michel Basquiat e quanti creavano ponti acrilici tra muri e museo. HOLAF conosce bene i suoi
maestri e di certo non nasconde la composizione alchemica del suo ecosistema culturale; di fatto, con la metodica di un filtro resiliente, lascia che le tracce archetipiche si muovano nel liquido amniotico del proprio apparato visivo, affinché escano quando l’evenienza chiama, giustapponendo echi e riverberi, soggetti e oggetti, temi analogici e sviluppi digitali.
Il risultato aggrega le cellule di sintesi figurativa, con modalità che somigliano ad un sistema immunitario, dove elementi molteplici ragionano da iperoggetti in cui la diversità (citazioni, evocazioni, invenzioni) ricrea la personalità finale dell’artista. La geografia di selezione e innesto è una terra dai tanti spunti, una città ideale che si sovrappone alle città reali, un soggetto urbano che “archeologizza” le nature frammentarie del metabolismo collettivo. HOLAF sfida tecniche e scale nel suo esercizio digestivo dei frammenti ricostituiti, edificando sistemi complessi di (iper)figurazione urbana.
Tutto ciò lo si può leggere, nella sua circolarità unitaria, solo con l’esercizio espositivo, con la pratica selettiva dei dialoghi polifonici che “brutalizzano” le pareti di una galleria. In realtà non si tratta di evocare uno specchio realistico della città, semmai di comprimere la propria città momentanea nel raggio corto dello spazio bianco, narrando una propria storia della città ideale, un racconto che abbia digerito e sparato in alto il metallo urlante della vita murale.
La mostra di HOLAF è un racconto dinamico e stereofonico che si ricompone per connessioni e forze di gravità umana. Ogni opera come una singola folla che aggrega voci e silenzi, colori e alfabeti, vivente ed esistente. Un percorso sui muri come occhio panoramico sulla città che sale per ricomporsi nella visione unitaria.