Intervista all’attore Lorenzo Balducci, padrino dell’Irpinia Pride 2022

Lorenzo Balducci

Lorenzo Balducci, l’attore romano classe ’82, non ha certamente bisogno di presentazioni. Tra cinema, TV e teatro, ha dato prova di grandi doti interpretative, lavorando sia per produzioni italiane che internazionali; ma, oltre alla carriera artistica,  Balducci è anche un attivista della comunità LGBT+ e ha sempre sostenuto pubblicamente la lotta per l’affermazione dei diritti civili, pure attraverso il proprio coming out, avvenuto nel 2012.

Tra pochissimi giorni, sabato 30 luglio, Lorenzo Balducci sarà in Irpinia, e più precisamente a Mercogliano, per fare da padrino all’Irpinia Pride 2022 – Rivoluzione di Pace, l’evento arcobaleno ideato e promosso dall’associazione avellinese “Apple Pie: l’amore merita LGBT+”. Perciò, abbiamo voluto scambiare quattro chiacchiere con lui, sottoponendogli alcune delle domande più scottanti che, soprattutto in quest’ultimo mese, stanno emergendo nel dibattito pubblico quando si parla di pride e di omosessualità in generale.

Lorenzo Balducci

L’intervista

Lorenzo, che cos’è un pride e cosa rappresenta per te?

«Per me il pride è tanto una celebrazione quanto una lotta. Entrambe le cose non potrebbero vivere l’una senza l’altra. Credo infatti che questo momento così gioioso, questa festa, sia anche un atto di lotta, di quella rivoluzione che porta al cambiamento. Una rivoluzione che però non è violenta ma, come recita lo slogan scelto da “Apple Pie” per l’Irpinia Pride, è una Rivoluzione di Pace.

Il pride, per di più, è fondamentale per ricordare e ricordarci ogni anno come sono nate queste giornate, cioè com’è nata quella prima battaglia per l’affermazione. E quella sì che fu violenta! Io sono dell”82, quindi non ho vissuto nulla di tutto quel periodo, perciò partecipare ai pride dei giorni nostri è un modo per ringraziare di quello che altre persone hanno reso possibile per me oggi. Insomma, nel clima che si crea – fatto di gioiosità e di trasgressione positiva, anche a livello visivo ed estetico – penso che ci sia l’espressione più alta della libertà, del fatto di voler dichiarare il diritto di ciascuno di noi ad essere ciò che vogliamo essere. Un’occasione per valorizzare la propria identità, qualunque essa sia.

Tra l’altro i pride non sono fatti solamente di musica ed entertainment. Al contrario, ci sono grandi spazi riservati al dibattito, a testimonianze e a momenti di confronto politico e sociale».

Una delle critiche che viene mossa più spesso alla comunità LGBT+ è che i pride siano delle manifestazioni inutili e che addirittura possano essere auto-discriminanti. Cosa risponderesti a una persona che ha questo tipo di giudizio?

«Sicuramente mi piacerebbe capire il perché di una considerazione di questo tipo, se c’è possibilità di dialogo. Quando si sente qualcuno parlare in questo modo, il più delle volte – se non è per la “classica” omofobia – c’è dietro un discorso di ignoranza, intesa proprio come il non rendersi conto. C’è, appunto, una mancanza di informazioni su quella che è la storia dei “moti di Stonewall“, della nascita del movimento LGBT e della sua lotta per i diritti in generale. Invito chi critica a partecipare a un pride, dall’inizio alla fine, per rendersi davvero conto di cosa vuol dire, di quali sono le cose che si vedono, che si ascoltano; c’è grande varietà e pluralità. Ma non è una festa in discoteca: un’immagine triste e riduttiva e che lascia il tempo che trova.

Perciò non c’è nulla di auto-discriminante nei pride, al contrario è proprio una forte presa di coscienza, che poi dovrebbe durare tutto l’anno in realtà. Cioè quando sento dire “il pride è tutto l’anno” sono d’accordo, è proprio così. Sono più importanti gli altri giorni, perché quel senso di orgoglio manifestato in tutte le sue forme durante il pride, è lo stesso identico atteggiamento che ogni individuo deve portare con sé nel resto dei giorni dell’anno, in qualunque contesto. Perché è così che si fa la differenza».

Quest’anno parteciperai all’Irpinia Pride e avrai – permettimi il gioco di parole – un “ruolo” speciale, quello di padrino. Ecco, cosa credi che possa rappresentare questo evento in una realtà che nell’immaginario comune potrebbe non sembrare pronta e che, come accade spesso nelle province italiane, ha avviato più tardi il dibattito pubblico sui diritti civili rispetto a metropoli come Napoli, la tua Roma o Milano?

«Quando anni fa sono stato al pride a Palermo, che in confronto a Roma è una città molto più piccola, ho sentito ancora più fortemente il calore della gente, proprio la presenza di tutte le categorie sociali. Questo mi ha emozionato molto e ho capito che più piccola è la realtà dove si realizza un pride, più il significato diventa forte, più sento che sta avvenendo il miracolo, cioè il miracolo di sensibilizzazione. È un dato di fatto che, rispetto a un piccolo centro, nelle grandi città sia più facile riuscire a organizzare un pride e sfilare con orgoglio per le strade.

Quindi il fatto di poter far parte di questo, dell’Irpinia Pride, che racconta un pezzo specifico della realtà italiana – l’Irpinia appunto – per me è emotivamente più intenso e ne percepisco il grande valore».

Qual è il rapporto tra il mondo del Cinema e quello LGBT+?

«Il Cinema italiano nel corso degli anni ha fatto sicuramente dei passi in avanti, nelle tematiche e nella narrazione. Però, secondo me, la strada da fare è ancora molto lunga. C’è poi il mondo della Televisione, che è un discorso ancora più complesso. Lì c’è più chiusura e troppa semplificazione. Se penso al modo in cui all’estero viene raccontata l’omosessualità e tutte le varie sfaccettature della comunità LGBT – ad esempio nelle serie TV americane –  mi rendo conto che loro sono avanti anni luce rispetto a quello che noi stiamo raccontando oggi.

Poi c’è anche la questione di quanto l’industria del Cinema possa essere accogliente e inclusiva. In Italia c’è una vasta quantità di attori e attrici LGBT che però quasi non esistono pubblicamente parlando, cioè che non fanno coming out. E nel dirlo non c’è giudizio da parte mia! Mi rendo conto della difficoltà e non conosco la storia di ogni singola persona, per questo non voglio giudicare. Ovviamente ho un mio pensiero, perché avendo fatto coming out esattamente 10 anni fa ormai questo è un aspetto talmente importante, una parte così fondamentale della mia vita, che se tornassi indietro rifarei esattamente tutto quello che ho fatto, anche andando incontro a delle discriminazioni».

Nel tuo percorso professionale ti sei mai sentito discriminato o etichettato per il tuo orientamento sessuale?

«Io non ho vissuto direttamente delle discriminazioni sul piano lavorativo, nel senso che nessuno me lo ha mai detto in faccia, diciamo. Però penso che possa essere successo, perché sicuramente a un certo punto ho lavorato meno rispetto a quanto avrei potuto lavorare prima (del coming out, ndr), ma le mie sono solo delle sensazioni, considerazioni.

Adesso però quel periodo è passato e mi capita da anni di fare provini anche per ruoli eterosessuali. Cioè non si sono chiuse le porte in quel senso. Non si dovrebbe nemmeno parlare di questo, dovrebbe essere normale e scontato il fatto che una persona che fa parte della comunità LGBT e che lavora come attore o attrice possa interpretare qualsiasi tipo di ruolo. Così come un eterosessuale può interpretare tranquillamente personaggi gay. Io come attore posso essere tutto, posso essere in grado di raccontare tutto».

Conclusioni

Se siete arrivati fino a qui nella lettura, avrete sicuramente notato che non c’è una “morale della favola”. Anche perché, in questo articolo, non abbiamo voluto raccontare una favola, bensì riportare un pezzo di vita reale e concreta, un’esperienza personale che – grazie allo speciale punto di vista di chi la rivela – ha la possibilità di diventare collettiva.

Quanto al termine morale – intesa come una condotta diretta da norme, la guida secondo la quale l’uomo dovrebbe agire preferiamo sostituirlo con il concetto di etica, che è la ricerca personale e non normativa dei criteri che permettono all’essere umano di gestire in modo consono e adeguato la propria libertà.

Dunque – riallacciandoci alle parole di Lorenzo Balducci, che ringraziamo per la grande disponibilità e trasparenza – vi invitiamo a partecipare all’Irpinia Pride 2022, così da poter scegliere autonomamente da quali principi farvi guidare e quali battaglie sostenere. Attraverso l’esperienza diretta e non secondo la morale comune.

 

 

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