Agricoltura: dall’Unione europea nuove opportunità per l’Irpinia

“L’Unione Europea ha predisposto una bozza di piano di programmazione di incentivi, per la nuova politica agraria comunitaria, per gli anni 2014-2020, individuabile con l’acronimo PAC . Essendo la bozza ancora in fase di discussione, essa sicuramente si arricchirà di emendamenti aggiuntivi sostenuti dai vari Paesi costituenti, ma che, nella sostanza, difficilmente ne stravolgeranno lo spirito e gli scopi che sono suoi fondamenti, e cioè quelli che indirizzano verso una agricoltura tradizionale a scapito di quella intensiva, onde favorire le limitazioni delle emissioni carboniose e dei concimi chimici, preservare il paesaggio rurale dall’espansione edilizia, e proteggerlo con terrazzamenti, stagni, fossi e filari di alberi”. E’ quanto scrive in una nota Aldo D’Andrea, del Movimento “I Resistenti, con il Sud”. “Si erogheranno contributi secondo criteri che misurano le superficie coltivate, e non più sul valore aggiunto per ettaro, al fine di favorire l’agricoltura tradizionale. Può affermarsi che è quella praticata in Irpinia – aggiunge Aldo D’Andrea – quella che ha tramandato a noi un ambiente ancora intatto e a misura d’uomo, attraverso la quale, il lavoro pesante dei contadini ha ricavato il suo sostentamento familiare e, nello stesso tempo, la salvezza dei paesaggi. Con lungimiranza, essi hanno saputo predisporre opere di drenaggio naturale, che hanno fatto da argine a smottamenti e frane, e saputo preservare, a mezzo di concimazione naturale (letame, sotterramento degli scarti dei prodotti della terra) la salubrità delle acque. Incoraggiare, quindi, l’agricoltura a svolgere il ruolo positivo nella salvaguardia del paesaggio, in modo da creare condizioni di redditività, stante l’integrazione tra agricoltura ed ambiente, è il modello alternativo in grado di preservare sia il territorio che la salute dell’uomo. Questo tipo di agricoltura ambientale è, in sostanza, già abbastanza presente nella nostra Provincia, per condizioni proprie e per peculiarità legate al suo territorio stesso. Infatti, se l’agricoltura che è praticata nell’agro nocerino-sarnese, nei dintorni del Vesuvio e nella Terra di Lavoro è basata su più fasi, che significano più cicli e quindi più raccolti, per lo più nella nostra Irpinia il terreno è sottoposto ad un ciclo unico annuale. Così se nelle aree campane sopraddette si fanno minimo tre cicli, o addirittura ciclo continuativo nell’orticoltura, il nostro territorio provinciale, in prevalenza, vede colture diversificate e basate sull’alternanza. E’ del tutto ovvio che questo tipo di produzione agricola necessita di vasti terreni, e le Aziende, specie dell’Alta Irpinia, sono costituite da un numero di ettari abbastanza esteso. Questo sistema tende ad intercettare una domanda emergente dei consumatori: il prodotto tipico e la genuinità del cibo rurale. L’agricoltura di tradizione diventerà profittevole nel momento in cui vi sarà elargizione di fondi europei, e la convenienza sarà sia in termini di economia che di mantenimento della qualità del prodotto coltivato. Si è detto delle peculiarità specifiche proprie del nostro territorio, che sono il conservatorismo istintivo delle famiglie locali e la marginalità dei terreni dai centri di sviluppo; queste peculiarità hanno consentito fin qui la trasmissione del sapere rurale, pur nonostante l’attuale sfilacciarsi di tessuto di relazione preesistente, legato all’emigrazione e a condizioni di disagio esistenziali, che tutt’ora sconsigliano i giovani da propositi ulteriori di investimenti economici e sociali. Gli occupati nell’agricoltura sono diminuiti costantemente nel corso degli anni, in linea con il decremento di popolazione dei paesi, e questo perché, malgrado tutto, vi è stato ritardo di sviluppo e di modernizzazione. Croniche carenze, come una rete stradale decente, o come il ripetersi di movimenti franosi, o volatili linee telefoniche e di luce, aggiuntive a condizioni climatiche spesso disagevoli,fatte da nevicate e frequenti piogge, rendono questi territori ancor più marginali ed alle prese con frequenti black-out energetici, tanto da dissuadere permanenze ed investimenti. E’ l’agricoltura della “terra dell’osso”, per citare una definizione ormai ineludibile di Manlio Rossi Doria. Eppure da questa terra, al di là dei suoi aspetti economici, si è realizzata una forma di civiltà, i cui capisaldo sono nicchie di resistenza fatte da casolari sparsi e da aziende piccole ma produttive, consapevoli del pregio dei loro prodotti. Per bisogno, per l’attaccamento tenace alla terra, vi è stato negli agricoltori d’Irpinia il mantenimento e la valorizzazione delle bellezze dei luoghi , e vi è stato pure un sufficiente lancio nel business del biologico e della ristorazione tipica. Nelle bozze del nuovo PAC, programmato 2014-2020, deve leggersi la possibilità di salvezza per l’Irpinia e per le sue tradizioni, con il recupero dell’agricoltura tradizionale, a scapito di quella intensiva, che vede già la nostra Provincia in condizioni di competere. Posta come corridoio tra due “Enti Parco”, Picentini e Partenio, l’Irpinia offre ipotesi di programmazione di sviluppo in termini di molteplicità di offerta. Per l’accesso ai finanziamenti europei, devono prevedersi il soddisfacimento delle richieste normative imposte e una seria progettazione di indirizzi. Dovrà prevedersi la biodiversità, cioè la riduzione dei pesticidi, l’agricoltura biologica, la rotazione delle colture, così da mantenere l’equilibrio tra la terra e l’ecosistema circostante. I terrazzamenti, le siepi, gli alberi in filare impediranno frane e smottamenti. E’ auspicabile poi, che da tutto questo possa svilupparsi un maggior senso cooperativistico nella raccolta, nella lavorazione, nella trasformazione, nella commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai produttori soci. Resterà alto, così, l’elemento qualitativo con prodotti a Denominazione d’Origine, indotto anche da incentivi europei, così come già è nella produzione vitivinicola, ma che potrebbe estendersi a quello Lattiero-Caseario, Oleario, Ortofrutticolo, Avicunicolo. Inoltre, la valorizzazione del paesaggio agrario nel suo insieme, fatto dalla qualità dei prodotti agricoli e dalla salvaguardia dell’ecosistema, espletata in modo da preservare l’ambiente naturale e le tradizioni, contribuisce a formare e rafforzare le identità locali, che sono da ritenere esse stesse un valore in sé. Questa ricchezza naturalistica eserciterà maggiore attrazione e turismo se vi sarà la giusta capacità organizzativa e la non sottovalutazione del ritorno, anche economico, che ne deriva. E la connessione tra attività agricole presenti localmente e turismo rurale potrà rappresentare il fattore guida nello sviluppo integrato e sostenibile. Così concepito, questo turismo naturalistico può prestarsi a svolgere il ruolo motore di sviluppo economico, spronando altresì l’artigianato locale, che assumerebbe connotazioni da expo territoriale. A riguardo, già per la presenza dei due Parchi Regionali, e, ipotizzando, per la realizzazione di altre “Aree Parco” e di Oasi protette, in itinere quelle dell’Ofanto e delle miniere di Tufo e di Altavilla Irpina, vi sono condizioni di riflessione e di approfondimento per una più cogente pianificazione territoriale, nei termini della descritta molteplicità delle offerte, frutto della ricchezza del territorio rurale irpino. I PAC possono essere davvero una occasione unica e irripetibile”.

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