Ammortizzatori sociali, studio Uil sui costi a carico dello Stato

Dallo studio condotto dalla Uil sul sistema degli ammortizzatori sociali si evince un quadro preoccupante, rispetto alle necessità future del sistema lavoro. Dai 2,5 mln di lavoratori del 2006 agli oltre 3,8 mln del 2011, passando per gli oltre 4,2mln del 2009, infatti, la crisi ha fatto allargare la platea dei beneficiari di tutte le varie forme di “aiuto” che il nostro sistema degli ammortizzatori offre.
Se poi rapportiamo in unità di lavoro tale platea dei beneficiari, si passa dagli 1,4 mln di lavoratori degli anni “tranquilli” (periodo 2006-2008) ai quasi 1,8 mln della media del triennio 2009-2011: il che significa 400.000 lavoratori protetti in più. Una parte di essi, 224.000, tutelati grazie alla Cassa Integrazione, hanno conservato il posto di lavoro e non sono transitati, quindi, verso la disoccupazione. Infatti l’indennità di disoccupazione, in particolare quella ordinaria non agricola (destinata a chi perde il posto di lavoro a causa di licenziamento o per scadenza di contratto a termine) ha interessato circa 483 mila lavoratori. Dal confronto con il 2008 (anno pre-crisi), l’aumento in valori assoluti dei beneficiari dell’indennità di disoccupazione ordinaria, nel 2011 è di oltre 228 mila lavoratori (l’89,8% in più). Non è un caso che, dai dati Istat sull’occupazione, il 2011 fa registrare un saldo negativo dell’occupazione dipendente dell’1,2% e un aumento del tasso di disoccupazione dello 0,2% rispetto all’anno precedente. In generale il vero e proprio “scalone” è quello rappresentato dal passaggio dal 2008 al 2009 ove comincia a crescere il numero dei lavoratori sia in cassa integrazione (+243,2%), sia in mobilità (+20,3%) che, soprattutto, in disoccupazione ordinaria (+71,7%).
In sostanza, si può affermare che, mediamente, 4 milioni di persone, negli anni della crisi, sono stati tutelati dal sistema di protezione sociale che equivale ad 1 lavoratore dipendente su 4. Ma quanto è costata alla collettività questa grande operazione di protezione civile e sociale? Nei 6 anni che vanno dal 2006 al 2011, a fronte di una spesa di quasi 80 mld di euro, lo Stato ha integrato circa 30 miliardi euro. Si va, infatti, dai 514 mln di euro integrati dalla collettività nel 2006 agli oltre 9,3 mld del 2011 su un totale erogato di quasi 18 miliardi di euro.
Infatti, è bene ricordare, che una parte consistente degli ammortizzatori sociali è “pagata” da imprese e lavoratori. Nel solo 2011, sono affluite nelle casse dell’Inps risorse per oltre 8,6 mld di euro e che, in particolare, la gestione che eroga la Cassa Integrazione Ordinaria e’ stata in questi 6 anni sempre in attivo partendo dagli 1,9 mld di euro del 2006 agli oltre 1,7 mld di euro del 2011.
La sofferenza dei conti deriva ovviamente dalla violenza della crisi ed anche dal necessario allargamento della cassa in deroga ad imprese e settori che , storicamente, non hanno mai contribuito. Si può concludere che lo Stato ha “investito” sul sistema di protezione sociale, nell’anno più colpito dalla crisi (il 2010), circa 10 mld di euro (in realtà per la CIGO e CIGS si attinge dai saldi attivi Inps degli anni precedenti), una cifra modesta rispetto ad altri interventi e spese non esattamente più equi, a partire dalle spese per le nostre istituzioni (costi della politica,…) o di sostegno al sistema bancario, o per sostenere monopoli al riparo da una virtuosa concorrenza.
“Certamente si puo’ migliorare – ha spiegato il segretario provinciale della Uil di Avellino Franco De Feo – e rendere più equilibrato il sistema dei nostri ammortizzatori sociali. Si può e si deve ridefinire, in particolare, lo strumento di protezione dei lavoratori più deboli, come coloro che, assunti con contratti a termine, oggi ricevono aiuti non proporzionati al disagio che soffrono. Il sindacato propone, oltre che l’aumento del costo per le imprese che utilizzano in maniera “esagerata” il lavoro a termine non stagionale, l’estensione di un modello virtuoso che si sta affermando nel nostro Paese simile a quello che opera nel mondo della somministrazione, nel quale, attraverso la mutualita’, garantisce ai lavoratori “flessibili” non solo contratti regolari ma integrazione al reddito (quasi 2 mln di euro nel solo 2011) per periodi di non lavoro.
Lascia invece perplessi l’idea di intervenire esclusivamente allungando la copertura e l’importo della indennità di disoccupazione, poiché vi è il rischio della deresponsabilizzazione delle imprese che scaricherebbero sulle casse dello Stato gli effetti dei propri processi di ristrutturazione. Meglio sarebbe operare intorno alla funzione, rinnovata e più ancorata a buone politiche di formazione e riqualificazione della Cassa Integrazione, anche attraverso un migliore impiego delle risorse europee, considerando che la formazione legata ai percettori di cassa integrazione è limitata soltanto alla cassa in deroga e che, nel corso del triennio, per tali politiche sono stati spesi soltanto 643 milioni di euro. Contestualmente occorre affrontare e prevenire eventuali crisi temporanee, attraverso la contrattazione aziendale, cosi come convenuto con la Confindustria con le intese di Giugno e Settembre 2011, considerando che la priorita’ assoluta e’ il lavoro, la ripresa dell’economia e la creazione di posti di lavoro”.

SPOT