L’industria conciaria italiana, composta da 1.400 aziende e 17 mila addetti, è leader mondiale per: valore della produzione (17% sul totale globale e 66% dell’UE), qualità stilistica, sviluppo tecnologico ed impegno ambientale. Chiude il 2010 con un netto recupero, dopo un biennio di calo. Gli ultimi dati ufficiali segnano una crescita a due cifre: fatturato +16,3%, produzione +12,1%2, export (ISTAT) +31,2%. La tendenza degli ultimi mesi dell’anno conferma sostanzialmente la dinamica. Il settore, che esporta verso 120 Paesi per il 70% del suo fatturato, beneficia del recupero manifatturiero (calzatura, pelletteria, arredamento imbottito, abbigliamento, interni auto) nei maggiori mercati europei e asiatici. La Cina costituisce il primo destinatario estero, con un’incidenza superiore al 20% del totale; quest’anno ha incrementato i propri acquisti di quasi il 40%. Il compratore nazionale, ancora il primo cliente delle concerie italiane, procede più lentamente. Le specializzazioni segnano parziali avanzamenti, ma l’arredamento esprime ancora difficoltà. “La nostra concia, spiega Salvatore Mercogliano direttore Unic, formata soprattutto da piccole e medie imprese, poggia per il 90% su tre distretti. A Vicenza (Arzignano e Val di Chiampo) si concentra oltre la metà del prodotto nazionale, con prevalente destinazione arredamento e calzatura. La Toscana (S. Croce sull’Arno e Ponte ad Egola) tocca il 27% del fatturato e serve principalmente l’alta moda. La lavorazione delle pelli piccole è presente soprattutto in Avellino (Solofra), con oltre il 10% del totale. I risultati dei distretti sono in rialzo uniformemente sia per fatturato complessivo (Veneto +16,5%, Toscana +16,4%, Campania +15,7%) sia per export (Veneto +28,1%, Toscana +37,4%, Campania +27,7%). Le prospettive del prossimo anno sono positive, spinte dalle buone previsioni della manifattura cinese. Dall’Europa si attendono conferme dai clienti tradizionali (Germania, Spagna, Francia) e dalle delocalizzazioni italiane (Romania, Tunisia)”.