Dramma Irisbus, ecco il racconto della figlia di un operaio

Pubblichiamo la lettera della figlia di uno degli operai Fiat Irisbus che racconta il dramma che la sua famiglia, ma anche tutti i lavoratori dello stabilimento di Flumeri, stanno vivendo: “Ieri sera non riuscivo a prendere sonno… Pensavo e ripensavo a mio padre. Qualche giorno fa è tornato e ha detto di avere svuotato l’armadietto, il suo armadietto… Si, perché dopo 32 anni era suo. Avevo sempre immaginato che avremmo vissuto questo momento con un altro stato d’animo… Sinceramente sapevo che sarebbe stata dura lo stesso perché chiudere quell’armadietto significava chiudere un periodo della sua vita, ma non doveva succedere adesso, è troppo presto, e non doveva succedere in questo modo. Quel giorno avremmo dovuto fare una grande festa con la famiglia, gli amici e i suoi colleghi. Avrebbe dovuto rappresentare l’inizio di una vita nuova… Il mio papà avrebbe dovuto finalmente iniziare a godersi un po’ la vita, lasciarsi alle spalle tutti i sacrifici fatti per noi, i suoi figli… Mettere finalmente in un cassetto quelle magliette bucate dalle schegge della saldatrice, la compagna di una vita.
E invece… Ci troviamo alcune sere a tavola, in silenzio. Ci guardiamo e nessuno ha più il coraggio di affrontare l’argomento. Vorrei dargli forza, ma a volte non so veramente che dirgli. Dopo la riunione di venerdì davanti ai cancelli dell’Irisbus, però, d’improvviso le parole mi sono nate dal cuore… Ma le cose che ho da dire a mio padre sento di dirle anche a voi, a tutti quei papà che hanno creduto in questa lotta, alle persone del comitato “Resistenza Operaia”, che si sono battute con tutte le loro forze… VI PREGO, NON MOLLATE!
In molti occhi ormai c’è rassegnazione, senso d’impotenza, smarrimento. Siete rimasti in pochi rispetto all’inizio, ma questo lo avevate già messo in conto quando tutto è iniziato. Durante l’assemblea qualcuno, rammaricato, ha detto che è brutto contare pochissimi giovani, quando quella che si sta portando avanti è una battaglia per noi. Però è stato detto anche che se fosse stato solo uno l’operaio che voleva continuare a lottare, non lo avreste lasciato solo. E adesso è la figlia di un operaio, una vostra figlia, che vi chiede di continuare… Arrivati a questo punto vorrei fare tante cose, ma non so nemmeno io cosa ci sia da fare. Per favore, ve lo chiedo con il cuore in mano, AIUTATECI.
Insegnateci con il vostro esempio a non abbassare la testa, non fate morire i nostri sogni, aiutateci a realizzarli. Il mio sogno, se Dio lo vorrà, un giorno, è avere una mia famiglia, avere dei figli, e farli crescere nel posto in cui sono nata e cresciuta io. Non voglio andare via da qui, non voglio che altri giovani vadano a cercare lavoro altrove perché non ci sono più speranze. Fatelo per noi. Anche se in pochi  la lotta deve continuare, non possiamo vanificare i sacrifici e gli sforzi di tutti questi mesi. Ormai vi considero la mia famiglia allargata… e per questo vi chiedo di RESISTERE. Anche se andrà male e tanti continueranno a prenderci per pazzi sapremo di aver fatto il tutto per tutto. Al mio papà, a tutti i papà della lotta, al comitato “Resistenza Operaia”… GRAZIE PER QUELLO CHE AVETE FATTO…RESISTETE PER NOI, PER I VOSTRI FIGLI”.

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