Pane irpino: sì al marchio di qualità, no all’imbustamento

Marchio di qualità artigianale, incentivi per chi apre un punto vendita, stop al confezionamento in buste di plastica nella Gdo e alla concorrenza spietata stabilendo un prezzo base di mercato. Ed ancora recuperare il requisito di professionalità da ottenere con un apprendistato in azienda o con un’adeguata formazione di settore. Il tutto con la realizzazione, sull’asse della filiera corta, di farmer’s market territoriali: aggregazioni di produttori agricoli che in specifiche location mettono in commercio le proprie lavorazioni senza intermediari. Da qui passa il rilancio del settore irpino della panificazione. Ne è convinta l’Asso-Api di Avellino che ieri (mercoledì 2 febbraio) ha riunito, presso la sua sede di Via Colombo, un nutrito gruppo di operatori locali. Oggetto del summit tecnico, le difficoltà che vive il ramo domestico alla luce del Decreto Bersani che da agosto 2007 ha liberalizzato le licenze di panificazione. Un provvedimento che, secondo l’Associazione Artigiani e Piccoli Imprenditori, sta destando non poche preoccupazioni tra gli addetti ai lavori, soprattutto per le ripercussioni negative che il comparto endogeno potrebbe avere sul fronte della qualità e della tradizione ultrasecolare. “A nostro avviso – dichiara Basilio Minichiello, presidente di Asso-Api Avellino e numero uno dell’Associazione italiana panettieri e pasticcieri – la nuova normativa ha causato in ambito provinciale e su scala nazionale diversi impatti negativi. E’ stata infatti abrogata la precedente legislazione di settore del 1959 che demandava a delle commissioni provinciali, con a capo le Camere di Commercio, il compito di deliberare sulle concessioni di permessi per l’apertura di panifici il cui numero era commisurato alla densità di popolazione dove gli esercizi commerciali andavano ad operare”. Una norma, questa, che a detta di Asso-Api, tutelava produttori e consumatori, disciplinando anche le politiche provinciali di pricing ed assicurando, tra l’altro, un alimento fresco, genuino e controllato in ottica igienico-sanitaria nel suo ciclo produttivo. “Ora invece – spiega Minichiello – assistiamo ad un’inversione di tendenza. La manovra del 2007 prevede che l’impianto di un nuovo panificio, e il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti siano soggetti solo ad una dichiarazione di inizio attività da presentare al Comune competente per territorio valutata per parametri igienici e di agibilità del locale d’uso”. “Per effetto di questa legge – continua – poco attenta alle microesigenze viene meno la professionalità artigiana con molti che s’improvvisano operatori. Il tutto a discapito della qualità del prodotto che si abbassa notevolmente nonché della tradizione e della cultura che c’è dietro al mondo della vera arte panificatoria”. In più un altro fattore pesa sul ramo produttivo: il fenomeno della Grande distribuzione organizzata. “La Gdo – analizza la guida dell’Associazione di categoria – sulla scia del Decreto Bersani ha, in alcune grande catene di supermercati, costruito all’interno panifici adoperando la loro produzione di pane non per guadagno ma per un’attività di marketing fortemente spinta alla promozione con vendite sottocosto”. Il quadro irpino che ne esce è: “un settore indebolito – afferma il presidente – caratterizzato da una concorrenza selvaggia, dove c’è un surplus di offerta nei confronti della domanda che, a causa delle particolari dinamiche commerciali degli ipermercati, porta ad un abbassamento dei prezzi al consumo”. “Si pensi – mette in evidenza – che l’Irpinia, secondo gli ultimi dati Istat, presenta uno dei prezzi medi più bassi in Italia per il pane che si aggira intorno ad 1,60 euro a chilogrammo rispetto ai 2,76 euro che si captano su scala nazionale”. Una situazione non più tollerabile per i produttori irpini. “Siamo – dicono i panificatori riunitisi ad Asso-Api – al limite della sopravvivenza. Molti di noi per le difficoltà del mercato sono stati costretti ad indebitarsi con le banche per tirare avanti. Se a questo si aggiunge l’attuale aumento indiscriminato del costo del grano, che negli ultimi sei mesi ha registrato un’impennata del 50 per cento, si può ben comprendere lo stato di emergenza che viviamo”. Ma la ripresa è possibile. E passa per cinque punti chiave targati Asso-Api Avellino: recuperare il riconoscimento di chi ha vera competenza in panificazione, istituzione di un brand che possa distinguere il prodotto artigiano (lavorato a mano) da quello industriale, evitare la corsa sfrenata al ribasso con una soglia minino di prezzo, sovvenzioni economiche ai produttori per l’apertura di panetterie dove poter vendere anche il pane sfuso, quello a fette, e non confezionato in buste di plastica bensì imbustato in sacchetti di carta riciclabile. “Chiediamo dunque alle istituzioni competenti – conclude Minichiello – una modifica anche della legge regionale del 2005 che prevede l’obbligo dell’imbustamento. Puntiamo così ad interventi che siano rispettosi dell’ambiente circostante e che valorizzino il potenziale di questo ramo produttivo che in Irpinia dà lavoro a 4mila addetti”. Quinto ed ultimo fronte, il commercio a chilometro zero sul binario della filiera corta (produttore-consumatore) da concretizzarsi con mercati agricoli provinciali dove possano riunirsi i panificatori irpini per una vendita diretta del pane e non più porta a porta.

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