I cambiamenti dell’aria respirata e la consapevolezza degli effetti che produce nel corpo umano.
L’intuizione che l’organismo potesse andare incontro a malattia a seguito dell’inquinamento dell’aria era già presa in considerazione nel XVIII secolo.
Nel 1771, nella prefazione di un testo di medicina del Prof. Tissot, medico di Basilea indirizzato a vari colleghi, si sottolinea che già Ippocrate, padre della Medicina, sottolineava come la potenza dell’aria fosse capace di mantenere sana la vita e come una mutazione della stessa potesse causare malattie.
L’Antico padre della Medicina riconosceva come “l’aria occupasse due distinte regioni dello spazio terrestre, l’etere, la regione più sublime dove l’aria è cristallina e gallegga sopra le nubi e l’altra più torbida, più bassa, al di sotto delle nuvole, soggetta a cangiamenti per ricevere aggregati di particelle terrestre lignee, acquose, sulfuree, saline ed esalanti dalla degenerazione di sostanze vegetabili ed animali”. Il Tissot afferma che “dalla comunale sperienza e dalle indefesse osservazioni, siamo arrivati a comprendere che le alterazioni più solenni dell’aria riconoscono l’origine loro da una molteplice serie di varie cagioni fra di lro onninamente discordi.
Avvegnachè l’inegual partizione delle molecule componenti questo liquido corpo, la scarsezza o l’eccesso delle parti sue acquidose, la prevalenza o la mancanza delle particelle del fuoco, la venefica indole di alcuni incospicui principii casualmente introdotti, la sproporzione della sua gravità, l’impetuosa ed incostante corrente, con cui va radendo la terra ed il mare, e le galleggianti molecule, porta seco e confonde, l’immobilità della calma, e lo stagnamento con cui si impaluda, e corrompe, altrettante sono cagioni, per mezzo delle quali la naturale sua tempra a poco a poco perdendo, universalmente sovverte la ben regolata economia della vita”.
Da un così argomentare il Tissot deduce che, in tal modo, nascono le malattie e soprattutto quelle epidemihe che definisce “malattie popolari perchè rovinan sovente, in brevissimo spazio di tempo non solo una gran parte dei viventi delle campagne, delle foreste, ma, singolarmente distrugge non pochi di quei abitanti, che in pochissimo spazio di terra ristretti, circondati da mura, menan la vita loro.”
Nel XVIII secolo, dunque il Medico prestava attenzione ai cambiamenti meteorologici ed alla sua influenza sulle malattie epidemiche. La prefazione al volume conclude con “vogliamo adunque sperare, per le addotte ragioni, che utili ed accette abbiano ad effere ai posteri le presenti constatazioni”.
Raffaele D’Ettorre