Per la prima volta in assoluto una sentenza ha riconosciuto una relazione tra l’utilizzo non corretto di un apparecchio telefonico mobile e lo sviluppo di un tumore al cervello.
E così, il Tribunale di Ivrea ha condannato l’Inail a versare una rendita vitalizia da malattia professionale a un dipendente di un’azienda che per lavoro ha dovuto utilizzare in maniera continuativa e quotidiana (per 15 anni) il cellulare, senza protezioni di sorta, e che si è poi ammalato di tumore al cervello (trattasi di tumore benigno ma invalidante in quanto, dopo costanti disturbi, lo sfortunato ha perso totalmente l’udito dall’orecchio destro in seguito alla necessaria asportazione del nervo acustico).
Questo il fatto di cronaca (sentenza del 30 marzo 2017 resa nota dagli avvocati giovedì 20 aprile), che può indurre a riflettere sull’utilizzo del cellulare, sempre più diffuso soprattutto tra le nuove generazioni.
Senza demonizzarne l’utilizzo, esistono alcune cautele che lo rendono più sicuro.
Prima tra tutte la scelta, quando si può, di prediligere l’uso del telefono fisso.
Per diminuire l’effetto delle onde elettromagnetiche alla testa è importante abituarsi a usare l’auricolare, allontanando l’apparecchio dall’orecchio.
Ma anche: evitare di tenere il cellulare acceso di notte sul proprio comodino oppure ricaricarlo nei pressi del letto; avvicinare l’apparecchio all’orecchio (in mancanza di auricolare) solo nel momento effettivo della risposta e non prima; telefonare quando ci sono tutte le tacche ed evitare di chiamare quando ci si trova in movimento (dal treno all’auto) o quando ci si trova in luoghi dove il campo va e viene (come può essere un ascensore); evitare anche di portare il telefonino acceso in tasca o a diretto contatto con il corpo.
Una cautela particolare, infine, va rivolta alle donne in gravidanza e soprattutto a bambini e ragazzini.
A questo proposito, infatti, si parla di dipendenza da smartphone e di allarme nomofobia tra i più giovani, ovvero l’ossessione di non essere raggiungibili al cellulare che colpisce in particolare i giovani tra i 18 e i 25 anni, soprattutto se carenti in autostima e con problemi relazionali.